Settembre in rima
Italia e il Covid-19 del 2020. In discoteca ci hanno tolto i balli veloci e quelli lenti. Ci vedi bene? Baruch Spinoza molava le lenti. Invece Domenico Starnone aveva un problema coi Denti. Insomma c’è un referendum e delle elezioni regionali incombenti. E c’è da riparare un’aiuola. C’è da far ripartire la scuola. C’è un mal di gola che viene scambiato per un virus. C’è chi si ciba di cus-cus. E chi vorrebbe arrivare a Lampedusa per cibarsi di qualcosa di più sostanzioso. Di più prezioso. Di più economicamente appetitoso. Ma si sa come vanno queste cose. C’è un po’ di confusione. Si fa fatica a rimettere a posto i pezzi. È come un vecchio cantante in disarmo che deve fare un’antologia delle sue canzoni e deve mettere assieme i pezzi.
Scherzi a parte questo Covid-19 incombe sulla testa di tutti – anzi sui polmoni. E giù tamponi. E giù milioni (non esageriamo: migliaia) di contagiati. E giù, di necessità, il percorso esatto che ci spinge a cercare qualcosa di logico. Magari un sierologico. Non lo so. Questo virus ha fatto capire all’umanità che non siamo al centro di niente. Evidentemente. È stata una cosa un po’ strana: una Rivoluzione Copernicana. Alla stessa maniera in cui ci hanno insegnato che la Terra non è il centro dell’Universo, così abbiamo oggi capito che siamo fragili, con niente ci rompiamo (o meglio: ci contagiamo), che l’uomo (con tutta la sua formidabile tecnologia) non è il centro di nessun cosmo. È diverso! È lo stesso che dire che dobbiamo ridere: col virus convivere. È un po’ come dire, come diceva Remo Bodei, che l’uomo è l’unico animale che sa di essere mortale. E meno male. Sai che noia il Paradiso. Ma queste sono elucubrazioni da fare de visu. Dobbiamo guardarci negli occhi e dirci ancora una volta che ce la faremo. Ma poi cosa c’è da fare? Un’aspirina; una mascherina. Qualcosa (la temperatura corporea) che scende e che sale. La distanza sociale. Sognare di uscire da un futuribile lockdown verso luoghi lontani. Lavarsi le mani. Italia al Covid-19 del 2020: molta confusione, molta improvvisazione, molta poca voglia di starnutire, molte altre cose da dire. Se non altro il Paese è ripartito. In un modo o nell’altro il Polo Industriale ha resistito. Non c’è da ricostruire un’identità nazionale come in altri tempi. C’è da far tornare politica la politica e se non stiamo attenti… Se non stiamo attenti qualcuno si farà male. Sarà il solito immigrato e qualcuno dirà: «Per quello che vale».