Sean Connery (1930-2020)
“E’ stato un’icona del Novecento. Fu nominato dalla rivista People ‘uomo più sexy del mondo’ e al giornalista che gli chiedeva un commento disse ‘non lo so, non sono mai andato a letto con un sessantenne calvo’…. Portava il parrucchino dall’età di 19 anni, ha fatto 007 col parrucchino”. Così Alessandro Agostinelli, il nostro editor, nel comunicarmi la scomparsa del grande Sean Connery invitandomi a scrivere un pezzo, me ne ha postillata la scomparsa, avvenuta nel sonno nella sua casa alle Bahamas, a 90 anni. Si potrebbe aggiungere una battuta di Audrey Hepburn, illuminante per delineare lo stile di Connery: “Ci sono solo due grandi star a cui il successo non ha dato alla testa. Una è Lassie, l’altra è Sean Connery».
Ma con un minimo di ordine. Basterebbe il fatto che in tempo di seconda ondata di Covid19 la notizia della morte di Connery è stata quasi sempre la prima tra le news radiotelevisive a far capire l’impatto e la durata del mito. Un mito nato nel cinema per l’identificazione con l’agente segreto 007, “al servizio di sua maestà britannica”, di cui Connery fu primo e insuperato interprete: per una decina di anni a partire dal 1962 Agente 007-Licenza di uccidere di Terence Young (con la giovane Afrodite Ursula Andress di una famosa scena in cui esce dalle acque giamaicane). La sua carriera e il suo prestigio furono poi consolidati con la recitazione in numerosi altri film di richiamo: dall’hitchcockiano Marnie (1964), ai lumetiani La collina del disonore e Riflessi in uno specchio scuro (1965 e 1972), La tenda rossa di M. Kalatozishvili (1969), Zardoz di J. Boorman (1974); tra la metà degli anni ‘70 e il 1986 Connery ebbe una predilezione per pellicole di ambietazione storica: Il vento e il leone, L’uomo che volle farsi re, Robin e Marian, Il nome della rosa: tutti girati con registi importanti – Milius, Huston, Lester, Annaud – , nessuno indimenticabile, come mediocri saranno altre interpretazioni analogamente ambientate durante l’età medievale nel decennio successivo. D’altra parte, il physique du rôle da uomo medievale, fosse cavaliere, bandito, frate non gli mancava di certo. E in fondo non è stata né la straordinaria bravura di Connery né la levatura dei film da lui interpretati a costruirne la leggenda. Connery era ‘solo’ un professionista serio, capace di spostarsi dal registro scherzoso ironico a quello violento drammatico, non è mai stato un grande attore. Il successo più importante per la sua carriera fu Gli intoccabili di B. De Palma, che gli garantì l’Oscar nel 1987, ma una menzione merita senz’altro il suggestivo Cinque giorni, un’estate, di Fred Zinnemann, colui che trent’anni prima aveva diretto il capolavoro western Mezzogiorno di fuoco. Poco prima del ritiro di Connery, Gus van Sant, uno dei più brillanti autori dell’ultima generazione, lo volle in Scoprendo Forrester, del 2002, pellicola che non abbiamo visto ma che una persona di cui ci fidiamo ci garantisce essere ben riuscito, la storia di un’amicizia tra un adolescente afroamericano nel Bronx e un anziano sedentario signore del quartiere, con un passato da scrittore; il film si chiude con il nostos del protagonista nel suo paese natale, la Scozia.
Connery nacque realmente in Scozia, a Edinburgo, e fu sempre un sostenitore dell’indipendenza scozzese. In queste ore la premier Nicola Sturgeon lo commemora a nome del paese non mancando di ricordarne le origini proletarie, del baronetto Sir Sean Connery (fu nominato dalla regina Elisabetta nel 2000), la sua volontà di farsi strada svolgendo mestieri di vari genere (bagnino, muratore, marinaio), aiutato dal suo bellissimo aspetto.
Alto e aitante, occhi scuri e profondi, bel sorriso, tra le ragioni ‘estetiche’ del suo mito si deve annoverare il fatto che invecchiando il suo fascino virile, niente affatto intaccato dalla rivelata calvizie, quasi si accresceva. Nel 1953 aveva anche partecipato come rappresentante della Scozia al concorso di Mister Universo, classificandosi terzo e da lì avviandosi alla carriera cinematografca. Ebbe fama di uomo sanguigno e un po’ manesco, a seguito di qualche episodio di cronaca, e di avaro. Nella vita privata i riflettori puntati su di lui non scoprirono però mai nulla per farne oggetto di scandalo e pettegolezzo. Un grande. Mar sin leat, Sean.