Russia contro Navalny
Le proteste di questi giorni per la liberazione di Alexiei Navalny sono state “le più massicce degli ultimi anni” in Russia e rappresentano “un segnale molto serio per il governo”. Però “l’atteggiamento del Cremlino” nei confronti dell’oppositore e dei suoi sostenitori resta “molto severo” e ci saranno “processi che faranno molto rumore sia contro gli organizzatori” delle manifestazioni “sia contro i partecipanti”.
A spiegarlo, in un’intervista all’ANSA, è Tatiana Stanovaya, esperta del Carnegie Center. Secondo la politologa, “per far sì che il potere opti per una linea di compromesso” sul caso Navalny, “le proteste dovrebbero essere ancora più ampie e durature nel tempo”. “Solo allora, forse, al Cremlino faranno delle concessioni”, afferma sottolineando però di non prevedere “al momento” uno scenario di questo tipo.
Navalny è finito in carcere non appena è tornato a Mosca dalla Germania, dove è stato curato per un avvelenamento dietro il quale molti intravedono lo zampino dell’intelligence russa.
Ora rischia di rimanere in cella per parecchi anni per accuse che tanti osservatori ritengono di matrice politica. Secondo l’esperta, per questa ragione chi protesta non lo fa solo guardando a Navalny come a “un possibile futuro presidente” ma anche come a un cittadino russo “al posto del quale domani potrebbe finire chiunque” e quindi le manifestazioni rientrano anche nell’ambito della difesa dei diritti umani.
“Penso – afferma Stanovaya – che questo sia un segnale forte per il potere perché c’è un grave problema di distanza tra il governo e la società”. Inoltre, a motivare la gente a scendere in piazza – spiega – è stata anche la nuova inchiesta video del Fondo Anticorruzione di Navalny su una presunta mega villa da sogno di Vladimir Putin sul Mar Nero. L’indagine pubblicata strategicamente dopo l’arresto di Navalny parla di una magione da mille e una notte che sarebbe costata oltre un miliardo di euro e sarebbe stata finanziata con fondi illeciti. “Sia l’arresto di Navalny sia il film hanno avuto un ruolo importante nel generare questa protesta”, afferma Stanovaya.
L’analista del Carnegie Center ritiene però “prematuro parlare di uno scenario bielorusso”. In Bielorussia migliaia e migliaia di persone scendono in piazza da mesi chiedendo le dimissioni del capo di Stato Aleksandr Lukashenko dopo la sua improbabile vittoria alle presidenziali di agosto con l’80% dei voti: un risultato ritenuto frutto di massicci brogli elettorali. “Lì, la faccenda riguarda la legittimità del potere” mentre, invece, “Putin ha ancora un rating molto alto”. “In Russia – conclude – ci sono delle proteste, tuttavia, se le presidenziali si svolgessero oggi, Putin le vincerebbe al primo turno”.
[tratto da ANSA – di Giuseppe Agliastro]