15 Novembre 2024
Words

Draghi prende Camera e Senato

Senato della Repubblica – Fiducia larga con 262 sì, 101 in più rispetto a quelli che basterebbero per avere la maggioranza politica, e 40 voti contrari per il nuovo governo Draghi in Senato. Solo due gli astenuti. Quella su cui può contare l’ex presidente della Bce è una maggioranza molto ampia ma che, a Palazzo Madama, non supera il record dell’Esecutivo Monti pari a 281 voti favorevoli. A schierarsi contro, oltre i 19 parlamentari di Fdi, sono quindici senatori 5s. Altri 8 cinquestelle non hanno partecipato alla  votazione ma due risultano assenti giustificati. Il capogruppo del Movimento a Palazzo Madama Licheri avverte comunque che quella targata 5s non è una fiducia incondizionata “Non dia mai per scontato il nostro sì perché noi, mi permetta questa licenza verbale, le romperemo le scatole”, dichiara in Aula.

“L’unità non è un’opzione, è un dovere”. Richiama al senso di “responsabilità nazionale” Mario Draghi nel suo intervento programmatico alle Camere: non un esecutivo tecnico o del presidente, il suo è il “governo del Paese” e ha il compito di avviare una “Nuova ricostruzione”. Parla 53 minuti e all’inizio
di un discorso denso dichiara un’emozione che si fa sentire quando cita, sbagliando le cifre, i dati della pandemia. L’euro come scelta “irreversibile”, lo sguardo rivolto al futuro e ai giovani, la lotta al virus, l’ambiente (che si lavora per mettere in Costituzione), sono alcuni tra i temi fondanti del discorso. L’ex presidente della Bce pone come ancoraggio, in politica estera, l’Europa e l’Alleanza Atlantica. Con la Russia e la Cina la porta del dialogo resta aperta ma Draghi mette sul tavolo le “preoccupazioni” per il mancato rispetto dei diritti umani.
Sono 21 gli applausi che i senatori tributano al nuovo presidente del Consiglio. La politica ascolta e quasi unanime plaude, per le polemiche ci saranno altri giorni: Berlusconi invita a guardare al “minimo comune denominatore” fra le forze che sostengono il governo, Zingaretti in una dichiarazione stringata si dice convinto che “l’Italia si trovi in buone mani”.

Draghi prova a rassicurare: la collaborazione a cui sono chiamati non è destinata a scolorire le identità di ciascun partito ma è interpretazione dello spirito di servizio. Accanto al premier, alla sua destra, siede il ministro leghista Giancarlo Giorgetti: è a lui che si rivolge con lo sguardo quando tentenna per un attimo sui numeri della pandemia. Draghi perimetra però chiaramente l’azione del suo esecutivo: a Salvini che ha attaccato l’euro, dice senza giri di parole che quella è “una scelta irreversibile”. Ma non solo. L’ancoraggio all’Europa è una necessità per l’ex presidente della Bce: “Non c’è sovranità nella solitudine. C’è solo l’inganno di ciò che siamo – dice in uno dei passaggi più articolati del suo intervento – nell’oblio di ciò che siamo stati e nella negazione di quello che potremmo essere”. L’Aula apprezza, il Capitano meno e infatti rimane a braccia conserte mentre in molti battono le mani. E sulla moneta unica taglia corto “Non è di attualità”, replica.
Si attira anche qualche ‘buuh’ dai banchi del centrodestra Draghi: accade quando ringrazia Conte. Ma il premier senza dare l’impressione di voler azzerare quanto fatto dal predecessore dalla lotta al virus al Recovery segna però parecchie discontinuità. Nell’Italia di Draghi non c’è posto per i gazebo a forma di primula immaginati dal commissario Arcuri: sui vaccini è necessario correre, va usato ogni spazio e ogni forza a disposizione per battere il virus “nemico di tutti”. La scuola deve riaprire, i giovani – a cui Draghi riserva ampio spazio – hanno il diritto di recuperare il tempo perso. Come insegna Cavour, avverte però il premier, l’imporsi dell’emergenza non esclude la necessità di fare le riforme. Pubblica amministrazione, giustizia civile e fisco sono in cima alla lista.

E poi il Recovery. I 210 miliardi a disposizione sono un’occasione da non perdere e su questo concordano da sempre tutti. Ma come renderli davvero utilizzabili è la domanda a cui è più difficile rispondere. La governance – elemento scatenante della crisi del Conte II – sarà nelle mani del ministero dell’Economia, in raccordo con i colleghi. Il Parlamento, che ha ora all’esame l’ultima bozza messa a punto dal precedente esecutivo e che è invitato a fare in fretta, “verrà costantemente informato”, dice nel suo intervento Draghi.
Deputati e senatori però non hanno alcuna intenzione di fare da ‘passacarte’ e anche se non è ancora il momento dei distinguo l’allarme per il rischio di vedersi esautorati è scattato. E così nella replica il premier parte proprio da qui: “Voglio ribadire quanto considero cruciale la funzione e il lavoro delle
Camere, in particolare per quanto riguarda il programma di Ripresa e resilienza”.

Camera dei Deputati – Il governo incassa la fiducia anche alla Camera. I sì sono 535 ma arrivano anche 16 no e 4 astensioni dal M5s. Altri 12 deputati sempre del Movimento non hanno partecipato al voto. Numeri che assicurano comunque una maggioranza bulgara al premier Mario Draghi ma che non gli consentono di registrare il record: i voti favorevoli a Monti nel 2011 furono 556.
Combattere la corruzione e le mafie garantendo un processo “giusto e di durata ragionevole” nel rispetto della Costituzione. Draghi sa bene che questo chiedono gli investitori stranieri da tempo al nostro Paese ma è anche certo che la strada indicata serva a riconquistare la “fiducia dei cittadini”. Senza “legalità e sicurezza” non c’è futuro, che rappresenta invece la cifra del “suo sguardo” e che il premier spera ispiri il “lavoro comune”.
L’ossatura del programma di governo, Draghi l’ha illustrata già al Senato. E così, in vista del voto di fiducia alla Camera dove i no sono stati in tutto 56, sceglie una replica breve: tredici minuti in tutto in cui chiarisce solo qualche passaggio, dalle piccole e medie imprese alla giustizia (il più applaudito) ma anche alle carceri. Gli istituti penitenziari “sono sovraffollati”, osserva, e non bisogna trascurare la “paura” del contagio.

I numeri su cui può contare anche alla Camera sono più che robusti e neanche il caos 5S è capace di metterli a rischio. Il dissenso dentro il Movimento è diventato però ufficiale e la scissione spesso evocata è ormai una realtà. Sono in tutto sedici i 5s a votare contro l’esecutivo dell’ex presidente della
Bce (12 risultano assenti e 4 si astengono) ma la presidente di FdI Giorgia Meloni è pronta a  scommettere che presto aumenteranno e non solo dentro i 5S. “Oggi sono tutti con lei …vedrà quando scatterà il semestre bianco quanti temerari dissidenti usciranno fuori”, dice intervenendo in Aula e ribadendo il voto contrario del suo partito. Salvini intanto si dice convinto che presto in Parlamento ci saranno altre novità: una manciata di parlamentari traslocherà alla Lega – assicura – e non saranno solo M5S. Per il momento però perde un deputato: Gianluca Vinci vota no e passa con Fratelli d’Italia.

L’altro Matteo si candida invece a essere la “casa del buonsenso”, vale a dire dei “riformisti” che in Francia guardano a Macron.
In cima all’agenda del premier ovviamente c’è la lotta al Covid. Accelerare la campagna vaccinale è una priorità condivisa, meno facile trovare la via per riuscirci. Una direzione la indica il segretario del Pd Nicola Zingaretti: “la vera scommessa è lavorare perché l’industria italiana possa produrre di più da noi”. In dodici mesi sono però tanti i settori che la pandemia ha piegato. Il premier ha già chiarito
di voler proteggere tutti i lavoratori colpiti ma allo stesso tempo di non credere che sia possibile proteggere tutte le attività entrate in crisi. Alcune occorrerà ripensarle. Il turismo è però un’altra storia: in un Paese come il nostro è un bene fondamentale che sarà tutelato, assicura ancora una volta.
Internazionalizzazione e modernizzazione sono comunque assi portanti dell’azione del governo.

Torna poi sulla giustizia l’ex presidente della Bce: accanto a quella civile cita per la prima volta anche quella “penale”. Sono un “servizio pubblico fondamentale” e come tale devono rispettare tutte le garanzie e i principi costituzionali”. Vale a dire “un processo giusto e un processo di durata ragionevole, in linea con la media degli altri Paesi europei”. Parole che raccolgono i consensi più ampi, anche se il tema è altamente divisivo in Parlamento e mettervi mano non sarà facile.

[tratto da ANSA – di Chiara Scalise]