Alle prese con la massa, quella vera
- Antichi filosofi Greci e meccanicisti.
Jim Baggott in questo suo Massa. L’origine della materia dall’atomo dei Greci alla meccanica quantistica (traduzione di Franco Ligabue, Adelphi, 2019) come un antico filosofo Greco si chiede continuamente «che cos’è?». Leggiamo qua e là tra le pagine di questo volume fondamentale: «Che cos’è, esattamente la materia?», oppure «Ma se gli atomi sono indistruttibili e immutabili, e dunque eterni, come possiamo spiegare i mutamenti che percepiamo?», e ancora «Se gli atomi sono perpetuamente in moto, che cosa li fa muovere?», e anche «Ma se lo spazio e il tempo non sono assoluti, allora come sono?» e infine: «Che cos’è esattamente la materia?».
Scavando con questa sua «sonda» che incessantemente chiede la «natura di una cosa», Baggott pone un delicato equilibrio tra la storia della scienza Occidentale e il cambiamento nella «comprensione» del concetto di «massa». Più la storia della scienza, infatti, va avanti: più la «consistenza» (ciò da cui è formata, costituita, ciò su cui è basata, la solidità, la «tangibilità», il «fondamento» della materia in «qualcosa») della «massa» si polverizza, perde di «peso», svanisce: fino a diventare oggi: «Fantasmi, ectoplasmi di una particolare natura quantistica». Jim Bagott stabilisce quindi una relazione di «inversa proporzionalità» all’interno della quale dall’ «atomo» (di Leucippo di Mileto oppure di Elea o di Abdera e Democrito di Abdera) alla «massa inerziale» (di Galileo Galilei e Isaac Newton) alle «particelle subatomiche» (il «Modello di Rutherford») ai «campi» (James Clerk Maxwell) alle «forze quantistiche» (il «Modello Standard») si transita prepotentemente (e ineluttabilmente) da diversi «stati» (di «solidità» della materia) sempre più piccoli ed effimeri fino all’attuale sua configurazione in questa affermazione di Baggott: «Anche se il nostro mondo fisico è pieno di oggetti duri e pesanti, è in realtà l’energia dei campi quantistici a regnare sovrana.
La massa è semplicemente una manifestazione fisica di quell’energia, non è il contrario». Il nesso storia (della scienza) – polverizzazione (della massa) può essere riscritto come il «rapporto» tempo-intangibilitàovvero tempo-annullamento (dello spazio). Più va avanti il tempo più «Le lunghezze si contraggono e i tempi si dilatano». E’ chiaro che la relazione tempo-spazio (la sua polverizzazione è pur sempre una polverizzazione dello «spazio») ha a che fare con la famosa equazione: m=E/c² di Albert Einstein. Ed è qui che entra in gioco la «massa», o meglio il suo «potere»; Jim Bagott dice: «Nel momento in cui la massa è diventata una qualità secondaria, il risultato di interazioni tra campi quantistici intangibili, la materia ha perduto il suo primato. Ciò che riconosciamo come massa è un comportamento di questi campi, non una loro proprietà intrinseca». Questo «primato» era il suo «potere»: la «tangibilità» (o consistenza) che diventa «intangibilità» (ovvero: «Vibrazioni o fluttuazioni di campi quantistici elementari»). In sostanza più avanza il nesso tempo-spazio più il potere (della massa) diventa minore. La relazione «massa-potere» è, dunque, «direttamente proporzionale» alla relazione tempo-spazio ovvero: «L’espressione “massa senza massa” è stata usata da John Wheeler per descrivere gli effetti della sovrapposizione di onde gravitazionali che possono dar luogo a una concentrazione localizzata di energia tale da creare un buco nero.
Se questo accadesse significherebbe che un buco nero – la manifestazione ultima della materia a densità estreme – può avere origine non solo dal collasso gravitazionale della materia , ma anche dalle fluttuazioni dello spazio-tempo. La frase di Wheeler è dunque riferita a un caso in cui la massa (il buco nero) sarebbe creata dall’energia gravitazionale». - Il quarto stato.
Jim Bagott dunque prefigura un cosmo nel quale la massa si svolge da una sua considerazione come qualcosa che «Non è continua ma discreta. Come già avevano immaginato alcuni filosofi dell’antica Grecia duemilacinquecento anni fa, la materia è fatta di corpuscoli» a una sua considerazione per la quale «Abbiamo il comportamento che tendiamo ad attribuire alla massa, senza bisogno della massa come proprietà».
In definitiva è come se io tirassi uno schiaffo a un’altra persona perché sono di carattere iroso (proprietà) oppure lo tirassi senza alcun motivo apparente (comportamento senza proprietà) oppure se io rubassi una mela perché sono affamato (proprietà) oppure la rubassi solo per il gusto di rubare (comportamento senza proprietà). La «ricerca» bagottiana del «che cos’è» ci ha dunque condotti alla definizione/delimitazione del concetto di «causa». E infatti l’autore del libro si chiede a più riprese: «Tutto bellissimo, ma se gli atomi sono perpetuamente in moto che cosa li fa muovere?» oppure anche: «Dove si trova la massa dell’elettrone?».
Ma una ricerca sulle «cause» non può che schiacciare il nesso massa/potere nel «teorema» della consistenza/inconsistenza. E ci sono quattro «stati» rispetto ai quali la «consistenza» della «massa» – nel tempo delle varie scoperte scientifiche – diventa «inconsistenza» e quindi negazione della sua stessa definizione. In realtà a leggere bene il testo di Jim Baggott sembra che il concetto stesso di «massa» sia stato messo in pericolo e quindi la possibilità stessa di rinvenire una «massa» nei tavoli, nelle sedie, nei sassi, nelle uova. E quindi anche nell’uomo. Si aprirebbero a questo punto implicazioni filosofiche che non è il caso di trattare in una piccola recensione. - Storia della «massa».
Se pure da qualche parte esiste la massa (e quindi la materia) è «Qualunque cosa sia, si tratta sempre di ciò che chiamiamo materia, o sostanza materiale». Qualcosa che ha la proprietà «Di misurare anche la capacità di un corpo di resistere al cambiamento del suo stato di moto». Qualcosa rispetto alla quale «Le teorie più semplici ipotizzano che gli atomi e le molecole si comportino “idealmente”, come se fossero particelle perfettamente elastiche e puntiformi, cioè che non si deformano e che non occupano alcun volume nello spazio».
Qualcosa infine per le quali vale che «se il campo quantistico è un’orchestra le fluttuazioni casuali sono una cacofonia di note sconnesse e discordanti che si combinano in un “rumore” simile a quello prodotto dall’accordatura degli strumenti prima di un concerto. Queste sono le particelle “virtuali”. Di tanto in tanto, in maniera del tutto causale, si può sentire qualche nota pura.
Queste sono le vibrazioni fondamentali del campo che identifichiamo come particelle fondamentali». Passando dalla «massa nuda» alla «massa vestita», dall’ «antimateria» alla «materia oscura» all’ «energia oscura» si evince una trasformazione di quel «quid» della materia rispetto al quale «Sommando le masse di tre quark, che secondo la teoria, formano il protone, si ottiene solo l’un per cento della sua massa, il resto dov’è?». - Conclusione.
Funzione d’onda, non-località, entaglement, la nascita dell’Universo, Big bang, teoria delle probabilità, QED e QCD…
Insomma i passaggi sono davvero tanti. Baggott non scrive un libro di storia della scienza: la sua è una ricognizione sui cambiamenti del concetto di «massa» nel corso della storia della scienza. E forse proprio in questo «intento» (abbastanza didascalico) si avverte più fortemente il «limite» di questo volume: prendere un argomento (un concetto) e vedere come esso è cambiato nel tempo. Il difetto è naturalmente, come sempre in questi casi: nella «mancata contestualizzazione» (non solo filosofica) di alcuni passaggi. Un esempio? «Perché dunque l’universo visibile è fatto di materia e non di antimateria (o di entrambi)? Se nei primi istanti successivi al big bang materia e antimateria sono state prodotte in uguale proporzione , perché non si sono annichilate lasciando un universo pieno di luce ma privo di massa?
La spiegazione più o meno imbarazzante è che – per caso o per necessità – all’inizio dell’evoluzione dell’universo l’ago della bilancia si deve essere spostato leggermente in favore delle particelle di materia».