Marco Revelli, Umano Inumano Postumano. Le sfide del presente, Einaudi, Torino 2020
All’inizio c’è un uomo (un soggetto) che «lancia uno sguardo» su un altro uomo (un oggetto che, però, è ovviamente anche un soggetto). È questo il punto di partenza di Marco Revelli nel suo volume. Dunque, chi è questo «primo» uomo? E cos’è questo «sguardo»? Revelli scrive che l’inumano è: «Una caduta dello sguardo (l’incapacità di vedere sé nell’altro). Dell’udito (l’incapacità di ascoltare la parola dell’altro, il suo racconto). Del pensiero (che l’altro uomo sia pensabile come pensante, soggetto e non solo oggetto di giudizio e di esperienza)». Un appiattimento (un accorciamento dell’umano) al suo «grado zero». L’altro soggetto diventa solo oggetto; una «caduta» dello «sguardo» dal livello solito e usuale dell’umano (nel quale l’uomo guarda come fosse un uomo l’altro uomo: il concetto di prossimità, il mio prossimo, l’altro da me, qualcuno che hai miei stessi diritti e doveri, qualcuno che mi possa amare o che possa provare per me affetto, amicizia, oppure ancora qualcuno che mi possa aiutare, consigliare, redimere, sgridare, cioè un soggetto e non un oggetto raccorciato) al livello del «disumano». A questo punto il mio sguardo si pone dinanzi ad un nulla, alla morte dell’altro; al suo annientamento nell’appiattimento e accorciamento di una vita (e di una comune umanità ridotta alla «Morte del prossimo», dell’altro da me, di un soggetto ridotto a oggetto: cosa, cifra, numero, codice, materia inerte, nulla.
Parliamo ora di «sguardi» e di «salti». Marco Revelli (in questo libro bello ma forse nelle parti finali un po’ tirato via) scrive che «È stato sufficiente che un’entità biologica “non umana” – un virus, appunto entrasse nello spazio cellulare dell’uomo e vi si insediasse, perché l’intera sovrastruttura razionale e normativa che ha fondato e retto la nostra vita sociale e che costituisce il portato sistemico del nostro umanesimo si azzerasse». E poi continua: «O forse addirittura si rovesciasse, imponendo le regole impietose (e fredde) dell’immunitas su quelle amichevoli (e calde) della communitas. Nel nuovo universo di senso che la forbice tra l’ampiezza del male da una parte e la limitatezza dei mezzi di cura dall’altra disegna, ogni punto del decalogo in cui si strutturava lo statuto dell’umano cambia di ordine e di segno. Così avviene per il “valore di legame”, rovesciatosi, ora in disvalore, nel momento in cui la prossimità da segno di benevolenza (di philantropia), e la distanza tra individui si afferma come dovere civico».
In definitiva nel libro ci sono tre sconfinamenti o salti dello sguardo (del primo uomo sul suo prossimo): Auschwitz, il SARS CoV-2 e la questione – fatta propria principalmente dagli attuali partiti politici populisti e sovranisti – dei migranti.
Sentiamo ancora Revelli. «Gli è bastata un’impercettibile mutazione – modificazione di due proteine strutturali e di una di superficie – per “passare la frontiera”. E nel far questo, nell’infrangere la linea di demarcazione dell’umano da tutto ciò che, pur vivendo, non lo è – ovvero nel porre tutti noi nella posizione che potremmo definire del post-umano -, ha prodotto un’istantanea regressio ad infinitum che, in men che non si dica, ha polverizzato tutto ciò che si era nel tempo sedimentato nella sfera protetta dell’humanitas, riportandoci a una sorta di grado zero dell’ethos: a un luogo bio-politico in cui l’esistenza della vita sociale e relazionale può – anzi deve – essere sacrificata alla sopravvivenza biologica. E la logica civile dei sistemi sociali cedere agli statuti elementari dei sistemi viventi».
E ancora: «Auschwitz infrange irrimediabilmente la linea che separa Umano e Disumano: rivela quanto e come il dis-umano sia in senso proprio, letterale, cioè in-scritto nell’umano, parte di esso, espressione della medesima radice». E infine: «Che cos’altro ci mostra lo spettacolo atroce, protratto per anni, della morte di massa dei migranti nei nostri mari osservato prima con pena poi sempre più con disattenzione, assuefazione, fastidio infine e persino odio, se non l’immagine di questa riduzione dell’uomo a nulla per l’altro uomo? ».
Nella nostra «situazione attuale», che è quella dalla quale parte il libro di Marco Revelli, lo «sguardo» ha una «prima» caduta nel «disumano» e una «seconda» rialzata nel «postumano». Significando questa triplice (Umano Inumano Postumano) caratterizzazione della «contemporaneità» l’apertura della «soglia» (è un termine che ricorre molto spesso nel volume di Marco Revelli) che «intercorre» tra uno «sguardo» dapprima rivolto all’«altro uomo», poi alla «Morte dell’uomo» e infine alla «Categoria, inedita, del Post-umano sul versante del confine tra Uomo e Cosa: sulla constatazione che l’Uomo – l’ Homo sapiens sapiens – non possiede più l’appannaggio esclusivo di quella facoltà che ha costituito, ex origine, il connotato della sua specificità, e cioè il pensiero». Tre «sguardi», tre «soggetti», tre «soglie» che conducono ad un solo «annullamento»: annullamento dell’uomo (in nulla, quindi sterminio) nel caso del primo «salto» – e del primo «accorciamento» dello «sguardo» e annullamento dell’uomo (in macchina, quindi robotizzazione) nel caso del secondo «salto». Quali sono, a questo punto i nuovi: «codici di organizzazione della materia»?