Addio Afghanistan
Sembra stia per finire la più lunga guerra americana. Ci sono voluti 2.400 soldati americani e almeno 100mila civili afgani uccisi. Biden ha annunciato infatti il ritiro delle truppe USA dall’Afghanistan entro l’11 settembre, a vent’anni dall’attacco alle Twin Towers che aveva convinto Bush Jr. a invadere il paese e deporre il regime dei talebani. Dopo l’invasione c’era voluto un decennio per trovare e uccidere bin Laden, mentre i talebani sono sempre lì. Ma Biden il ritiro, più che annunciarlo lo ha rinviato: secondo gli accordi di pace tra Usa e talebani avrebbe dovuto essere completato entro maggio. Riuscirà a rispettare i tempi?
Ancora una volta, l’Afghanistan si conferma un paese dal quale non si esce “vincitori”. L’Unione Sovietica negli anni Ottanta, oggi gli Usa. E così, dal 2009 in avanti, ogni presidente americano ha promesso un ritiro dei soldati. Obama ha scelto di aumentare le truppe (fino ad arrivare a 110mila soldati) con l’obiettivo stabilizzare il paese e poi ritirarsi. Ma nel 2016 i soldati Usa erano ancora 8.000. E, malgrado i proclami (“basta guerre infinite”) Trump ha lasciato circa 3.000 soldati. Ora tocca a Biden promettere il rientro delle truppe, consapevole della scarsa popolarità di questa guerra in patria: solo il 35% degli americani ritiene l’intervento militare un successo (contro il 62% di 10 anni fa).
Certo, il ritiro Usa metterebbe a rischio uno stato ancora fragile, nel quale i talebani potrebbero tornare al potere. Ma Biden non può permettersi distrazioni, in uno scacchiere globale sempre più intricato e nel quale i suoi “avversari sistemici” – come Russia e Cina – si muovono più agilmente, evitando guerre costose come l’Afghanistan (circa 50 miliardi di dollari solo nel 2020), e nel quale gli obiettivi sono cambiati: la supremazia tecnologica, le nuove forme di terrorismo, la guida della “rivoluzione verde”, il rafforzamento delle alleanze.
E il “reset globale” delle priorità si intuisce anche dall’agenda della nuova amministrazione: venerdì Biden vedrà il primo ministro giapponese. Il suo inviato climatico Kerry è in Cina. E presto potrebbe esserci un summit Biden-Putin.