15 Novembre 2024
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Helena Janeczek, La ragazza con la Leica, Guanda, Milano 2019

1.
Espadrille. «Se parlavi di resistenza tedesca, ti associavano, bene che andava, al gruppetto di aristocratici ufficiali che avevano tentato di far saltare in aria il Fŭhrer per patriottismo, e non prima del 20 luglio 1944. Come facevi a dire che quel poco di resistenza che c’era stata si doveva ai comunisti, o a gente che per gli americani era uguale?». Tra il 1918 e il 1933 in Germania c’è la Repubblica di Weimar: Gerda Pohorylle  nata a Stoccarda nel 1910 ha tra gli otto e i ventitre anni. Poi si farà chiamare Gerda Taro. Andrè Fridmann (poi si farà chiamare Robert Capa) nascerà a Budapest il 22 ottobre del 1913 e poi … Andrà a Parigi, vivrà una intensa storia d’amore con Gerda (1934-1937) per due anni nella capitale francese e per l’ultimo anno in Spagna. Questo gli elementi de La ragazza con la Leica (Guanda, Milano, 2019) della scrittrice premiata con lo Strega (proprio per questo libro, nel 2018) Helena Janeczek. La scena iniziale del romanzo – mirabile certamente ma in alcuni tratti (troppi!) un po’ faticoso – sono invece gli Stati Uniti d’America. Due medici si telefonano fra di loro: o meglio, un medico – che sta a Roma e lavora per la Food and Agricolture Organization – telefona a un altro medico – che sta a North Buffalo – e che sta lavorando a un pacemaker «impiantabile». Certo negli U.S.A. :«Come facevi a dire che quel poco di resistenza che c’era stata si doveva ai comunisti»? Ma, tant’è! William M. Chardack (detto Willy o il Bassotto) è il medico che si occupa del cuore mentre Georg Kurtzkes quello che si occupa della testa. Testa e cuore in questo romanzo della Janeczek si fondono e si confondo a tal punto che l’autrice può dire a un certo punto che esiste anche «Il protagonista di una scena onirica, dove l’estraneo e il familiare si confondono, le cose più vicine appaiono intangibili, e poi all’improvviso sono già tue, senza bisogno di toccarle». Testa e cuore, l’estraneo e il familiare tanto che Willy, Gerda, Robert e Georg hanno condiviso la stessa residenza parigina prima che Gerda e Capa (1936) partano per la Guerra di Spagna. A fare foto. Tra essi vi sono anche Ruth Cerf (grazie alla quale Robert Capa conosce Gerda Taro), Lilo e Fred (che utilizza la Leika) e anche, come dice la stessa autrice «controfigura» Csiki Weisz.  Si tratta di un romanzo, in definitiva, che mescola storia, fotografia e amore (e amicizia) ma si tratta anche di un romanzo che fa brillare e decantare insieme politica e sentimenti, morale e «voglia di vivere». La ragazza con la Leica è Gerda che muore in Spagna con tutto il suo entusiasmo. «La giovane italiana ha superato sui calzari contadini che Gerda portava in Spagna – espadrille si chiamano adesso che vanno di moda». «Fino a quando aveva potuto permettersele» questa ragazza fumava le Muratti. Con tutto il suo entusiasmo, la sua gioia di vivere, il suo desiderio di avventura, «E poi, Gerda Pohorylle non si stancava mai di mostrarsi frivola e superficiale, magari non proprio frivola, ma impaziente di riprendersi la sua intoccabile spensieratezza». Gerda, «Che non rinunciava a qualsiasi morso di felicità si possa rubare al presente». «Ci fosse stata ancora Gerda, che in ogni veste (amante, agente, amica) suppliva da sola al pubblico e agli applausi di cui Friedmann aveva sempre avuto così bisogno, tutta quell’ansia di acclamazione non si sarebbe mai ridotta a quelle piccole ritualità senza entusiasmo».

2.
Aguardiente. Gerda nata a Stoccarda ma educata in Svizzera e perfezionata nella sua educazione a Lipsia sta dapprima assieme con un certo Pieter Spitz, poi con Georg, poi con Willy … Infine con Capa, col fotografo che fa dire alla Janeczek: «Se lei avesse lavorato con la macchina con cui le aveva insegnato a fotografare – la Leica – anche i suoi negativi avrebbero avuto il formato rettangolare che consente di attribuire a Capa la seconda foto della coppia e quella della donna con la rivista». Dopo un po’ di tempo Robert acquista una Contex e passa la Leica a Gerda: ma le rimane sempre «Il desiderio proibitivo per una Reflex-Kovelel». Espadrille, Muratti, Leica, aguardiente e qualche taberna quei «comunisti» cui «si doveva» la «resistenza», adesso, in Spagna incontrano «I barcellonesi accolgono fraternamente gli stranieri accorsi per combattere al loro fianco,e  si stanno abituando a quella Babele che si aggira ovunque, assaporando il gusto di salutarli con compaňeros e compaňera, per poi magari aiutarsi a gesti, suoni onomatopeici, dizionari in formato tasca». Willy ha conosciuto e amato Gerda e, adesso: siamo nel 16 settembre del 1960. Quando riceve quella telefonata Robert e Gerda non ci sono più: rimangono le loro fotografie.

3.
Taberna. Helena Janczek rintraccia Gerda Taro con tutto l’entusiasmo di una ricercatrice. E ci informa che «No, Gerda non concepiva che qualcosa potesse rompersi per sempre, solo transizioni, fasi, capitoli, dove il punto finale, messo da lei stessa, anticipava l’urgenza di voltare pagina. Perché a Gerda piacevano le cose che cambiavano». Se l’entusiasmo è vita – tra «rossi e bruni»: intesi i primi come comunisti e i secondi quelli per cui «Non lo sapeva che ammazzare qualcuno non era mai stato in cima alla scala dei reati di uno stato invalido di guerra, ossia accecato all’occhio destro?» – la morte a Madrid con «La Leica sbalzata via dall’impronta dei cingoli, con il rullino ancora intatto» è consegnare la storia alla storia e affermare che La ragazza con la Leica – nello scambio di telefonate tra medico e medico cioè tra chi preserva la vita e chi preserva la vita – è quella che « “Si trascinava dietro la fotocamera, la cinepresa, il cavalletto, per chilometri e chilometri. Ted Allen ha raccontato che con le ultime parole ha chiesto se i suoi rullini erano intatti. Scartava a raffica in mezzo al delirio, la piccola Leica sopra la testa, come se la proteggesse dai bombardieri. Il buon soldato Gerda: non ne dubito: ma non capisco, no”. “Che cosa, Ruth?”. “Non capisco cosa sentiva. Paura poco, d’accordo. E poi? ». E poi c’è la fotografia, una serie di fotografie, una fila di rullini e poi? «Ruth capisce che può fare ancora qualcosa prima di preparare le valigie per la Svizzera, qualcosa per sentirsi meno in difetto con chi ha combattuto per la Spagna. Deve finire di catalogare le immagini di quella guerra perduta. Deve farlo proprio per questo, e farlo come si deve. Il fascismo non durerà in eterno per quanti crimini e disastri possa ancora causare, perciò andiamo avanti, si dice risoluta. Un pensiero che merita una sigaretta».

Gianfranco Cordì

Gianfranco Cordì (Locri, 1970), ha scritto dodici libri. E' dottore di ricerca in filosofia politica e giornalista pubblicista. Dirige la collana di testi filosofici "Erremme" per la casa Editrice Disoblio Edizioni. Dirige le tavole rotonde di filosofia del Centro Internazionale Scrittori della Calabria.