“Madres paralelas” (P. Almodóvar, SPAGNA 2021)
Proiettato in apertura della LXXVIII Mostra del Cinema di Venezia 2021, Madri parallele è un film in larga misura ispirato e coinvolgente, ossia per l’intera parte dedicata all’analisi empatica di due esistenze femminili che si incrociano, in contesti difficili e con esiti paradossali, alle identità in costante cambiamento, ai dubbi e alle scoperte problematiche fatte grazie alle biotecnologie.
Una forte solidarietà si crea in una clinica di neonatologia madrilena fra due partorienti, Janis (Penélope Cruz) e Ana (Milena Smit), l’una fotografa e l’altra poco più che adolescente spersa e sfortunata, di fatto priva di appoggi familiari. Partoriscono insieme, come enfatizzato da una scena ‘forte’ caratterizzata da primi piani e sudore e grida di dolore. Sarebbe interessante sapere se A. sia stato in qualche modo influenzato da Alle soglie della vita di Ingmar Bergman (1958). In ogni caso la prima, Janis, ha una personalità che le consente con consapevole sicurezza di crescere la figlia, non riconosciuta dal padre e suo ex-amante, Arturo (Israel Elealde). La seconda, Ana, nonostante le maggiori difficoltà e l’inesperienza trova la forza di fare lo stesso. La vita va avanti, le due donne rimangono in contatto ma un destino tragico e sorprendente le attende: così il loro rapporto, stretto dalla sorte fino all’inverosimile, sembra completarsi dalla nascita tra loro di un amore omosessuale. Ma non sarà così facile e disillusioni e momenti di disperazione si alterneranno, sinché le due decideranno di vivere insieme, Ana come governante-amica e baby-sitter della loro figlia… ‘comune’, Cecilia. Arturo infine si riunirà con Janis e le darà un figlio maschio, senza che ciò pregiudichi in nulla i legami fra le donne.
Tra i temi, c’è quello scambio di persona, tipico del teatro classico che assume naturalmente per il caso specifico rappresentato da A. una prevalente coloritura tragica, ma come quasi sempre in A. i finali garantiscono serenità, aperture alla speranza di un superamento di qualunque condizione umana, anche la più drammatica. Insomma, un bel melodramma degno del miglior A. Viceversa, il contenitore dato dal passato franchista della Spagna, che apre e chiude la pellicola – costituita da un lungo flashback – , con la vicenda di Janis che va alla ricerca del passato del suo bisnonno per dargli una degna sepoltura, bisnonno finalmente riconosciuto in una fossa comune del tempo della guerra civile (queste ricerche furono incentivate da una legge del 2007 approvata dal governo Zapatero, nota come legge della ‘Memoria histórica’), si esprime in due scene che – sebbene siano uno dei motori dell’intreccio – rimangono nella sostanza avulse dal resto, non suscitano né indignazione né un’emozione che lo spettatore ha appena rivolto e consumato altrove. Nonostante una coscienza civile e politica che non sarebbe sensato negargli, la voce di A. dà il suo meglio nel tracciare le parabole dell’anima umana calate nella società spagnola dei nostri decenni.