15 Novembre 2024
Words

Né condizionatori né riscaldamento

Se la sedia si alza insieme a te, è un chiaro segno dell’estate. La rappresentazione plastica dell’afa più micidiale (che dobbiamo al giornalista americano Walter Winchell), quest’anno si ripeterà molte più volte di quello che avremmo sperato. La Russia nei giorni scorsi ha dimezzato le forniture di gas all’Italia e per non gelare d’inverno, nonostante l’ondata di caldo anomalo in arrivo (la peggiore dal 2003), già dai prossimi giorni bisognerà andarci piano coi condizionatori. Molto piano, secondo Davide Tabarelli, presidente di NE-Nomisma Energia.

RAZIONAMENTI
Per gli italiani, di fatto, è già arrivato il momento di razionare. «Per varie ragione occorre partire subito. Non risolveremo il problema se smetteremo di stare al fresco, ma la situazione – sottolinea Tabarelli – è tragica. La ricostituzione degli stoccaggi, messa in crisi dalla sforbiciata russa, da sola non basterà a garantirci un inverno sereno: senza il gas di Mosca sarà davvero dura».

LA SITUAZIONE
In parole povere bisogna già pensare quanto e come tagliare per non lasciare al freddo case, scuole e ospedali il prossimo inverno. «Dovremo sostituire il gas russo. Abbiamo iniziato a farlo, ma non è semplice. Dall’Algeria dovrebbero arrivare 4-5 miliardi di metri cubi, dall’Azerbaigian altri due. La Libia non sta dando molto, dovremmo chiedere di produrre di più, ma la presenza russa nel Paese di certo non aiuta. Il Gnl sta andando molto forte, ma per aumentare la capacità ci vorrà tempo. A Piombino è arrivato l’ok per una nave rigassificatrice, ma difficilmente sarà operativa prima di febbraio».

IL PICCO
Proprio quando arriverà il momento più difficile per l’Italia e l’Europa. Una direttiva comunitaria ci impone di arrivare all’80% della nostra capacità di stoccaggio gas entro il primo novembre. Ma anche se raggiungessimo l’obiettivo, non passeremmo un inverno sereno. «Non sarebbe sereno nemmeno se arrivassimo al 100%. Avremo bisogno della pressione degli impianti di stoccaggio per mandare il gas nelle case. Bisogna attivare subito tutto quello che può produrre calore: centrali a carbone, legna, pellet e rinnovabili. Bisognerebbe anche riaprire le centrali a olio combustibile, se fosse possibile».

SCELTE DIFFICILI
Il governo la prossima settimana potrebbe proclamare lo stato d’allerta, che imporrebbe lo stop ad alcune attività. Ma molto probabilmente potrebbe non bastare. «Quella è una procedura prevista per interruzioni di qualche giorno, come ad esempio la rottura di un tubo, ma non per una guerra. Può essere un primo passo. Il comitato dovrebbe essere investito di maggiori poteri per poter prendere decisioni anche drastiche e rapide. Prima prendiamo coscienza di quello a cui stiamo andando incontro, meglio sarà».

BLACKOUT
Nel frattempo a Torino e Milano si sono già registrati i primi blackout per la troppa domanda di energia. «Dobbiamo iniziare a risparmiare, non c’è altra strada. Ci farà solo bene. C’è un sacco di gente – attacca Tabarelli – che consuma troppa energia. Quello che è successo a Milano dovrebbe essere ripetuto in altre città, ma in maniera controllata, nelle prossime settimane». E i cittadini cosa diranno? «Se l’interruzione di energia arriva all’improvviso, è normale che ci siano reazioni dure. Se è preparata e annunciata, visto che non ci sono alternative, è tutto molto diverso».

LA CORSA DEI PREZZI
Anche perché con il gas che ha toccati i massimi da marzo, le prossime bollette saranno in ogni caso salatissime. «Il prezzo potrebbe anche raddoppiare rispetto ad adesso. La finanza e alcuni investitori stanno guadagnando tantissimi soldi. Per questo motivo, è giusto mettere un tetto al prezzo del gas, come ha più volte chiesto Draghi. Sul livello c’è dibattito. Se attualmente il prezzo è di 120 euro per megawattora, c’è chi pensa che 60 euro possa andare bene. In ogni caso questa misura estrema sarebbe una bomba per il mercato. Ma è ingiusto che alcune persone si stiano approfittando della guerra per fare montagne di denaro».

IL CASO SYDNEY
Anche l’Australia, dove è già iniziato l’inverno, sta affrontando una lunga crisi energetica. Nei giorni scorsi il governo ha imposto diverse restrizioni e le società energetiche hanno chiesto ai cittadini di non accendere lavastoviglie e lavatrici fino a tarda notte. «Un destino che presto potrebbe essere anche il nostro. In questi anni – conclude Tabarelli – ci sono stati pochi investimenti. Abbiamo abbandonato i progetti dei grandi monopolisti statali, perché li ritenevano sovradimensionati. Ora però ci accorgiamo che l’introduzione del libero mercato del rispetto dell’ambiente a tutti i costi non stanno funzionando molto bene. Mancano grandi investimenti e grandi strutture. Certo, non potevamo prevedere un ammanco così gigantesco come quello russo, ma ormai tutto il sistema energetico europeo è sottodimensionato e non è in grado di assorbire un choc esterno. Non siamo gli unici: l’anno scorso è toccato al Texas e tra pochi mesi, molto probabilmente, sarà il turno della California»

[tratto da La Nazione – di Luca Bolognini]