Omaggio a Bob Rafelson (e a Karen Black)
I regard film not as a sacred parchment, but as a pliable canvas / Considero la pellicola non come una sacra pergamena, ma come una tela malleabile.
(Bob Rafelson)
Se posso iniziare con un ricordo personale, ricordo quando, bambino delle scuole elementari, assistevo nel 1970 a una serie tv riproposta in Italia che mi faceva impazzire: I Monkees. Ma chi erano questi Monkees? Una sitcom televisiva americana (1966-1968) dedicata a quattro giovani che in piena epoca beat si davano da fare per mettere in piedi una band musicale <https://www.ondamusicale.it/oggi-in-primo-piano/22552-listen-to-the-band-la-storia-dei-monkees-prima-parte/>. Ne ricordo ancora il brano di maggiore successo: I am a Believer <https://www.youtube.com/watch?v=wB9YIsKIEbA>. E credo che quella sitcomedy musicale mi abbia non poco influenzato nei miei gusti, poi evolutisi un po’, degli anni a venire. Scoprire che l’ideatore della trasmissione e regista di sei degli oltre cinquanta episodi fosse Bob Rafelson (1933-2022), nonchê sceneggiatore di due, mi ha stupito ed emozionato! Bob Rafelson il direttore di uno dei più bei film degli anni Settanta del secolo scorso, a inizio decennio, Five Easy Pieces-Cinque pezzi facili, su cui tornerò subito. Rafelson è uno di quei casi di registi che con due o tre colpi straordinari hanno lasciato una grande traccia di sé nella storia del cinema.
Rafelson è morto il 23 luglio scorso. Esordisce nel 1968, ma nel 1970 Cinque pezzi facili, storia di Bobby un pianista, di famiglia abbiente, irrequieto e ribelle, che non riesce a dare un senso compiuto alla sua vita, vivendo perciò alla giornata e, tipicamente, “on the road”. In realtà nel film il suo viaggio ha una motivazione più ordinaria, se si vuole anche più potenzialmente sentimentale. Viene a sapere però che il padre sta male, ha deciso di andàre a trovarlo, insieme a Rayette la sua ragazza (lo schema assomiglia a quello di molti altri film statunitensi, anche recenti). Non si chiarisce in realtà col padre, non vuole non può, dei loro fraintendimenti, se ne va, riprende il vagabondaggio abbandonando anche Rayette. Bobby è Jack Nicholson, Rayette è Karen Black (1939-2013), un altro dei volti più noti e delle attrici più capaci e affascinanti, nonostante il suo strabismo e la sua corpulenza, della Nuova Hollywood. C’è poi anche Susan Anspach. Non la si deve dimenticare, la Black. Easy Rider, Il grande Gatsby, Nashville, Il giorno della locusta, Un asso nella manica, Complotto di famiglia, Jimmy Dean Jimmy Dean: tanto per fare qualche cenno. Nicholson poi è formidabile. Guardate questa scena, di due autostoppiste incazzate che vengono caricate su da Bobby e Rayette. È la scena di…. “Senti cocco vaffanculo!” <https://www.youtube.com/watch?v=GYJgoMSW6sY> (In americano?). Film imperdibile, spassoso, serissimo e malinconico. Giustamente ricordato molto bene, recentemente, insieme al suo artefice <https://www.sentieriselvaggi.it/cinque-pezzi-facili-ricordando-bob-rafelson/>.
Ma la carriera di Rafelson conosce almeno altre due punte, su un totale di dieci lungometraggi: Il re dei giardini di Marvin (1972) con Nicholson, Bruce Dern e la a cora vivente Alice di A.ice non abita più qui M. scorsese, 1974) Ellen Burstyn. E poi The postman always rings twice-Il postino suona sempre due volte) remake del film del 1946 di Tay Garnett, sempre con Nicholson e con una stupenda e sensuale Jessica Lange, del 1981, film che destò anche qualche scandalo per scene giudicate eccessivamente hot. Ha diretto il suo ultimo film nel 2002, e nel corso degli ultimi lustri ha più che altro, per quanto ne sappiamo della sua vita pubblica, ricevuto riconoscimenti alla carriera in vari festival internazionali. Ciao, Bob, e grazie per….Cinque pezzi facili.