Giovani ambientalisti. Nuova classe dirigente?
“Fridays for Future è nato per chiedere alla politica e alle istituzioni di ascoltare la ricerca scientifica, indicando che le misure per contrastare la crisi climatica esistevano, erano solo da implementare”. Si legge nell’incipit del manifesto politico della componente italiana del movimento ambientalista internazionale, presentato alla vigilia delle prossime elezioni. Un appello rivolto ai candidati, e di conseguenza una fonte inesauribile di dibattito nel valzer delle promesse propagandistiche dei programmi. “Volete il nostro voto ma ignorate la nostra voce. La politica dei partiti si è presa tutto il palcoscenico e la facoltà di scegliere cosa è meglio per il paese, ma è lontana dalle istanze e dalle preoccupazioni delle persone che dicono di rappresentare. Non potete rappresentarci se non ci ascoltate”. Quello che i giovani chiedono nella lotta ai cambiamenti climatici viene elencato con proposte su 5 temi: mobilità, energia, lavoro, edilizia ed acqua. Secondo uno schema di azioni che – a dir loro – “avrebbero un enorme impatto nell’affrontare la crisi climatica e sociale in Italia”. Tra le considerazioni: la sostituzione dei voli a breve percorrenza con treni ad alta velocità; il divieto nei cieli ai jet privati e tassare la frequenza dei passeggeri in aereo. Stop alla realizzazione di progetti energetici da combustibili fossili e passaggio alle rinnovabili sulla base di comunità energetiche di autoproduzione, con un piano dedicato al decentramento. Riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario ed introduzione di un programma statale di garanzia del diritto al lavoro. Efficientamento energetico nell’edilizia popolare e in tutti gli edifici scolastici entro il 2025. Fornitura di energia primaria gratuita alle famiglie. Manutenzione della rete idrica esistente. Una lunga lista di misure complesse, mastodontiche, rivoluzionarie e fondamentali per modernizzare un paese, la cui implementazione può risultare contraddittoria e persino disallineata alle priorità del momento. Rispondere all’emergenza energetica, a quella della povertà e alla gestione dei rifiuti, risolvere l’incoerenza di non volere il nucleare per poi importarne da altri, accettare il circolo vizioso di acquistare prodotti da industrie che “alimentano” il consumo di carbone, vedi in Cina ed India, sono tutte problematiche interconnesse alla catena del sistema economico capitalistico. E allo squilibrio dell’ordine naturale dominante. Nella questione ecologica i ragazzi di FfF muovono la loro analisi su una direttiva critica alternativa alle principali forze politiche di centro, destra e sinistra esistenti nel panorama. Esprimono disappunto morale per il costume, denunciano l’ecocidio criminale, mescolano scuola “bergogliana” e gramsciana pur essendo una generazione cresciuta nel periodo post-ideologico. Su alcuni punti si può non essere d’accordo e possono sbagliare, è normale. Magari saranno loro stessi a correggere gli errori. Per questo non c’è bisogno di etichettarli subito secondo una logica di pro o contro, ma di comprendere il senso della loro strategia.
Nel corso di questi anni i compagni italiani di viaggio e lotta di Greta Thunberg sono diventati un fenomeno socioculturale e politico dei nostri tempi, portatori di un approccio al cambiamento che è ineludibile per la futura salvaguardia del Pianeta. La loro forza è nella scienza quanto nella visibilità mediatica. Godono di un’ampia esposizione del messaggio, risultante da due fattori: la maggiore attenzione agli effetti climatici e il radicamento della sensibilità ecologica. Hanno difronte a loro uno spazio politico aperto, non del tutto ancora definito e in continua evoluzione. Per conquistarlo però dovranno battersi, nel nome del radicalismo, o scendere a compromessi, aprendo al riformismo. Potrebbero sperimentare nuove formule politiche, reinventarsi o finire isolati. L’importante è che non cadano vittima della frenesia ma sappiano cogliere l’attimo per diventare classe dirigente, con tutto quello che ciò comporta, in senso di responsabilità e voglia di cambiare l’Italia.
[tratto da Huffington Post]