18 Novembre 2024
Sun

Giovanni Taddei, Il bidello, storie e storiacce della scuola d’oggi, La conchiglia di Santiago, San Miniato 2023

Giovanni Taddei è stato mio allievo, in quarta e in quinta Istituto Tecnico, in quel di San Miniato, il paese acrobatico, aereo, da me molto amato per i ricordi carducciani, (non tutti magari conoscono quel libro “scapigliato”, goliardico, modernissimo che si chiama appunto Le risorse di San Miniato e che per me è diventato  una sorta di guida dell’anima perché scritto da un Giosue, rigorosamente senza accento come lo stesso Vate voleva, decisamente radicale e irriverente), per la giovane età che avevo io allora, quasi coetaneo di alcuni ripetenti storici, e per i numerosi amici che vi ho incontrato. Fra questi un professore grossetano, colto e intelligente, col quale condividevo l’amore per Bianciardi, l’autore della Vita agra, certo!, ma anche del Lavoro culturale dove si parla di un bidello stalinista, Corinto, che qualche somiglianza col Bianchi, il protagonista del romanzo di Giovanni, ce l’ha eccome: scorbutico, ironico, utilizzatore eletto di uno splendido toscano, nemico di impiegati e piccolo borghesi: “Viene uno e dice che vuol fare il ragioniere. “Ora tu, caro ragioniere, al secondo piano, dove c’è la ragioneria, ci porti il sacco pieno di polvere di marmo. È chiaro?” Sai, la polvere di marmo è pesante e compatta, un sacco pieno sarà un quintale, forse un quintale e mezzo. Chi ce la fa diventa ragioniere, se no niente. Cosa sono questi ragionieri borghesi mezzeseghe, con certi toracini che sembrano quelli di un piccione?”. Tanto per fare un esempio di una personalità che, sono sicuro, tornerà in mente a chi leggerà il romanzo dopo aver dato un’occhiata alla recensione.

Insomma, una volta letto questo testo pieno d’argento vivo e di velocità, converrete con me che, per il dietro le quinte che vi ho rivelato e per quello che ho intenzione di aggiungere, non potevo non prendermi cura, in modo anche professionale, del Bidello, opera prima del mio antico ragazzo e spero inizio di una lunga attività scritturale.

La struttura narrativa è un capriccio architettonico fatto di fluvialità cinematografiche, fantasie pittoriche, passaggi repentini dalla orizzontalità romanica alle verticalità del gotico ,con qualche indugio barocco. Questo perché, solo in questo modo ,lo scrittore può costruire un gioco letterario basato su un’idea di comico che coniuga il caricaturale al paradosso, alla accelerazione espressiva che soli possono  raccontare anime che sentono in modo profondo, quasi come un dovere, il loro bisogno di partecipare alla teatralità di strada, di vicolo, di piazzetta che è propria del mondo toscano e che è possibile riconoscere nella produzione, da Pratolini a Bilenchi a Cassola, tanto per fare qualche nome. Nel Bidello, certo, c’è dunque un mondo corale (le tante maestre, l’odiato Gianni, i bambini), ma il protagonista, il Bianchi, è carezzato, richiamato, rappresentato fino a diventare la grande madre, la matrioska capace di contenere ogni voce ogni dramma ogni contraddizione. È, nello stesso tempo, la storia e la sua giustificazione.

Il Bianchi ci appare, lo confermano le sue parole, i sentimenti esternati, l’idea che pare averne la voce narrante ( ma forse siamo in un tratto di ventriloquia narrativa), come un anziano aggressivo, scontento della vita, prigioniero di luoghi comuni, razzista, diffidente, nemico dunque di quel buonismo retorico, che è maschera ipocrita di più o meno individuabili sporcizie interiori, il travestimento che parrebbe indossare Gianni, il giovane bidello che, parla col bocchino impostato, l’occhio limpido volto verso il cielo e che sembra studiare da Santo. Ma noi lettori intuiamo che il protagonista, dietro il modo rude e schematico, dietro i luoghi comuni del cinismo contemporaneo o, se vogliamo, la patina che l’esistere ha lasciato nella coscienza, per le delusioni, i lutti, le umiliazioni subite, nasconde e libera altri caratteri, altre categorie che sono quelle che appartengono ai tempi storici e personali di un’altra Italia. Come se qualche tempesta interiore avesse la forza di riportare in superficie quei valori che possono essere sommersi, ma che non muoiono mai: la commozione, la solidarietà, la bontà di fondo.

Come ci dice Giorgio Caproni, il poeta è il minatore che scende nella sua caverna interiore e trova tesori che poi rende, con la qualità dei poeti, patrimonio di tutti gli esseri viventi.

Ecco. Il Bidello è un’opera divertente vivace, ironica con punte di sarcasmo. Anche per questi caratteri, ho gradito moltissimo la scelta del timbro linguistico. Un toscano gestito da chi conosce bene la lingua italiana e si può divertire in modo trasgressivo con un codice che, se non racconta i grigi e articolati scenari del pensiero complesso, “musica”però tutte le sfumature del vivere, la vita che ci lega ai quattro movimenti esistenziali che partoriscono sempre le sole piccole grandi felicità.