“Oppenheimer” (di C. Nolan, USA-GB 2023)
Christopher Nolan (Londra 1970), sceneggiatore, produttore, regista, difficilmente sbaglia un colpo. Non mi riferisco solo al successo di cassetta di gran parte dei suoi film. Sinora la sua opera migliore è stata l’epico Dunkirk (2017), la storia della straordinaria operazione di evacuazione e messa in salvo di molte decine di migliaia di uomini delle truppe alleate in una delle fasi più difficili degli inizi della II guerra mondiale, dinanzi alle prime impressionanti vittorie della Wehrmacht, nella primavera del 1940. Con il biopic Oppenheimer rielabora una biografia letteraria (Robert Oppenheimer, il padre della bomba atomica. Il trionfo e la tragedia di uno scienziato di Kai Bird e Martin J. Sherwin, tradotto in Italia nel 2007: ma nel titolo originale del libro c’era un significativo riferimento a Prometeo) del fisico americano Robert Oppenheimer (attivo anche a Princeton, cf. foto) che ebbe un ruolo maggiore nella preparazione e “invenzione” della bomba atomica che distrusse Hiroshima e Nagasaki provocando almeno 100.000 morti, sganciate poco tempo dopo il famoso ‘Trinity Test’ del luglio 1945. Oppenheimer, dopo aver osservato la tragedia di Hiroshima e Nagasaki, ebbe a confessare in un abboccamento con il presidente Truman di sentire di avere le mani insanguinate manifestando serie riserve sui rischi di un’escalation nucleare e invitandolo a introdurre freni normativi all’uso della bomba. Non fu ascoltato e anzi diventerà personaggio discusso e sgradito all’establishment americano: in particolare controverso fu il conflitto con il politico Lewis Strauss (Robert Downey jr.). Con Oppenheimer il regista dunque propone – in tre ore di proiezione dai toni spesso per certi versi epici e certo capaci di suscitare considerazioni complesse sulle contraddizioni del progresso tecnologico e scientifico, di quelle tra etica e scienza – le sue riflessioni su un momento centrale della storia politico-militare del XX secolo, tracciando con accuratezza e linguaggio raffinato (p.es. con efficace uso alternato di b/n e colori) un ritratto di Oppenheimer sin dai tempi del suo dottorato di ricerca e degli studi in Europa. Scava sulle motivazioni e i dilemmi interiori di questo giovane ebreo, sul suo team, sugli ambienti che di volta in volta lo favorirono o lo osteggiarono sino alla messa a punto della bomba e alle sue vicende politiche e giudiziarie successive al 1945 (fu di fatto sospettato di simpatie sovversive dal maccartismo), sui suoi contatti con Einstein (Tom Conti), sui suoi sensi di colpa nell’aver costruito sia pure inizialmente in piena convinta buona fede uno strumento che poi si rese conto rischiava di portare alla distruzione del genere umano. E’ possibile che lo scoppio del conflitto russo-ucraino (che se ci è concesso preferiamo definire la tragica invasione russa del paese confinante, senza se e senza ma) con le minacce russe che ne sono scaturite abbia pure influenzato Nolan sul modo in cui ha declinato un tema tanto grave ed urgente. Cillian Murphy, protagonista del film, ha dichiarato che durante le riprese la guerra “was everywhere, and we were fully aware of that… The threat [of nuclear war] has escalated and receded over the years since 1945… and now it’s back. It’s always there, this Sword of Damocles that is hanging over us.”. Fra i protagonisti Matt Damon, nel ruolo del generale Groves, colui che aveva avvicinato e reclutato Oppenheimer per il c.d. Progetto Manhattan, e che poi si allontanò da Oppenheimer (accusandolo di vari “obbrobri” tra cui quello di essere comunista) appunto dopo esserne stato, pur nelle differenze di carattere e sensibilità, sostenitore. Niente di più lontano, sul piano del genere, del montaggio, della sceneggiatua e delle tecniche di ripresa, dal capolavoro di Kubrick, Il dottor Stranamore…(1964), ma un film degno di essere considerato tra i migliori e più coinvolgenti prodotti del cinema internazionale degli ultimi anni.