“L’ordine del tempo” (di L. Cavani, ITA 2023)
In una bella serata del 23 settembre scorso, nel Teatro di Fiesole, alla presenza di critici e organizzatori culturali e dell’attrice Chiara Caselli, che hanno dato vita a un piacevole dibattito, Liliana Cavani, dopo il recente Leone d’Oro alla carriera, ha ricevuto il premio ‘Fiesole ai Maestri del Cinema’. La regista, compiuti 90 anni, sempre molto lucida e con il gusto un po’ provocatorio della battuta aristocratica, ha presentato il suo ultimo film, L’ordine del tempo, ispirato da un romanzo di Carlo Rovelli. [Quest’ultimo si è reso protagonista pochi giorni orsono di una dichiarazione vergognosa e irricevibile contro Israele, per la quale si rinvia alla replica di Federico Rampini <https://www.la7.it/in-altre-parole/video/israele-la-stoccata-di-rampini-a-rovelli-vive-su-un-altro-pianeta-quello-che-dice-e-falso-14-10-2023-508056>]. Il film è degno di una valutazione chiaroscurata. L’ambientazione è di impianto teatrale: una villa sul mare della costa laziale, e un gruppo di amici che festeggiano una avvocatessa Elsa (Claudia Gerini) che compie cinquant’anni. La prima scena costituisce un richiamo tipicamente cavaniano alla tragedia greca, costruito piacevolmente sui compiti di greco che sta svolgendo la figlia di Elsa. Tutto ruota attorno all’arrivo alla festosa riunione di Enrico, un fisico (Edoardo Leo, simpatico, ma non credibilissimo) che preannuncia, fra lo sbigottimento e l’ansia degli amici, che l’asteroide ‘Anaconda’ sta avvicinandosi alla terra e la minaccia. Tra gli altri presenti in villa una giornalista, una psicanalista, una ricercatrice. La percentuale di possibilità che si arrivi alla distruzione totale è del 20%. Questione di un giorno o due, forse meno. Questa prospettiva sembra inizialmente destabilizzare. Innesca meccaniche di varia natura interne al gruppo, sentimenti di affetto che si rinsaldano, forme di euforia un po’ disperata, riflessioni filosofico-scientifiche, bilanci esistenziali, paure scomposte, vecchi rancori rinfacciati. Ma rinasce anche l’amore tra Enrico e Paola (Ksenia Rappoport), alla festa con l’anziano marito. Tuttavia, l’impressione che si ricava è che alla fine ci sia una sorta di strana indifferenza e fatalismo dinanzi al rischio imminente. Un fatalismo indifferente perché il terrore lascia il posto a, e è superato da, gli affetti e la solidarietà umana?
Inevitabile pensare a Melancholia di Lars von Trier, film che rimane non una ma due spanne superiore a questo, per originalità e introspezione psicologica, densità emotiva. I dialoghi tra gli amici sono talora scontati, talora grotteschi, cosí come alcune sequenze: ad esempio quando Viktor, marito di Paola, accetta a metà tra il disperato e il rassegnato di perdere la compagnia della moglie o in alcune sortite di un A. Gassman (marito di Elsa) a suo agio sino a essere troppo disinvolto nel ruolo di padrone di casa. Tra i protagonisti anche Angela Molina, cone clarissa e consigliera spirituale della ricercatrice. Conversazioni piû banali (ma anche meno uggiose) di quelle dei film peggiori di Rohmer, atmosfera tutto sommato godibile degna di un buon Ozpetek. Belle le luminose riprese dall’alto del litorale e anche alcuni giri della mdp negli ambienti interni della casa. Nel complesso senz’altro degno di essere visto, nonostante i difetti.
Sul cinema della Cavani da ultimo, Il tempo, la Storia, il mito. Il cinema di Liliana Cavani, a curabdi Valentina d’Amico (Edizione ETS, Pisa 2023), con la recensione al film di S. Emiliani, pp. 129-131, con attenzione ai rimandi interni ad altri film della regista.