15 Novembre 2024
Culture Club

Caro Sergio, addio.

Oggi non riesco a scrivere nulla che sia degno di ricordare l’amico Sergio Staino, così lascio che qui sotto sia la cronaca a sintetizzare brevemente la figura dell’artista. Per me non è soltanto la tristezza del momento, ma il fatto che proprio si accavallano ricordi, pensieri, frasi dette e non dette, libri prestati, cene, mostre, il Tenco, Guccini, L’Unità, il divano della mamma, la tavola da disegno e altre cose da scompisciarsi da ridere. E non voglio ridurre a una formula tutto quello che è stato questa specie di padre o di zio, a volte burlone, a volte impietoso. Grazie Sergio. Addio. [a.a.]

Vignettista, regista e giornalista, lo sguardo attento, perplesso, sempre ironico dell’osservatore del paese e delle sue trasformazioni, della vita sociale italiana e soprattutto dei tic, dei vizi e delle virtù della sinistra italiana: Sergio Staino se ne va a 83 anni e dopo una lunga
malattia.
Di fatto cieco da tempo, per una degenerazione della retina che lo ha iniziato a colpire a soli 37 anni, ha combattuto per anni questa sua disabilità senza mai arrendersi, continuando sempre a disegnare, prima a mano e poi aiutato dalla tecnologia.
“Il disegno io lo penso sempre molto e così mi sono accorto che la mia mano destra si muoveva da sola e disegnava quello che
avevo in testa” il suo trucco. Toscano di Piancastagnaio, per decenni vignettista per l’Unità, di cui è stato anche direttore, per l’Espresso e molte altre testate e programmi televisivi, è stato soprattutto il padre di Bobo, alter ego suo e di tutto un popolo di sinistra che a lungo si è rispecchiato nel suo sguardo in una sorta di continua seduta psicoanalitica quotidiana collettiva. Il marxista leninista con gli occhiali sopra a un grosso naso, metà Umberto Eco e metà specchio di sé stesso, ha di fatto introdotto l'”autosatira” dentro il partito e il mondo comunista e in generale dell’elettorato di sinistra, con quella sua ironia pungente, con quella intelligenza che ora gli riconosce anche la
parte politica a lui avversa.

Come vignettista prima e poi, come ha voluto il destino, come direttore dell’Unità, l’ultimo del giornale fondato da Antonio Gramsci, Staino ha professato con i suoi strumenti il suo credo politico e il suo antifascismo: una professione di fede, la sua, che lo portato fino a proporre, da non credente, le strisce del suo ‘Hello Jesus’ su un quotidiano cattolico come l’Avvenire.
“Per me Gesù è un bellissimo personaggio storico, il primo dei socialisti, il primo a combattere per i poveri” commentò per l’occasione.
Bobo fece invece il suo esordio nel 1979 su Linus, mentre sempre negli anni ’80 Staino collaborava con il Messaggero e l’Unità, dirigeva il settimanale satirico Tango, supplemento dell’Unità – poi diventato Cuore sotto la direzione di Michele Serra – che aveva fondato nel 1986 e ne aveva fatto un seguito, l’anno successivo, in tv con Teletango su Rai3. Poi sempre per la Rai, aveva realizzato Cielito lindo, varietà satirico condotto da Claudio Bisio e Athina Cenci. E poi negli anni erano continuate le tante collaborazioni con quotidiani, tv, cinema e
teatro fino a quando, dopo la chiusura dell’Unità, la striscia di Bobo si trasferì a la Stampa mentre il suo autore pubblicava anche su Tiscali Notizie e su il Riformista.

Così come in vita, con le sue riflessioni spesso amare sulle storture della politica, quella lucida onestà che gli fece prendere le distanze dal “primo ‘vaffa’ della storia della Repubblica”, quello delle monetine lanciate a Craxi davanti all’hotel Raphael, anche la scomparsa di Staino porta a far riflettere i suoi “vecchi compagni” e i suoi avversari. “È stato spesso un feroce critico e allo stesso tempo un affettuoso fratello maggiore” dice di lui Matteo Renzi, mentre il suo successore Enrico Letta lo ringrazia per “tutto quel che hai sentito, condiviso e pensato. Per tutti i pensieri che hai provocato. Vivrà tutto ciò ancora a lungo”. E si inchina al genio giocoso anche l’avversario politico Vittorio Sgarbi: “Se ne va un amico, affettuoso e severo con me, ma pronto al divertimento e al gioco che oggi non sembrano più possibili”.

[di Francesca Chiri – tratto da ANSA]