21 Novembre 2024
Sun

Michela Murgia, Tre ciotole. Rituali per un anno di crisi, Mondadori Editore 2023, pag.144.

 

A pochi mesi dalla scomparsa avvenuta nell’estate del 2023, Michela Murgia, in Tre ciotole. Rituali per un anno di crisi, testimonia la propria unicità, la capacità di guardarsi in modo oggettivo, con una forza straordinaria non disgiunta da una diffusa autoironia. Compare il male che le sta rubando la vita, ma si preferisce non definirlo, rivendicando invece il valore della persona, fino in fondo: I am. Chiedersi quali siano le proprie colpe, quando il male aggredisce, può non trovare risposte adeguate: “Lei chiuse gli occhi. Non voleva che le leggesse in faccia il bisogno di dar la colpa a se stessa o a qualcosa, a qualcuno, a un comportamento estremo, un cibo spazzatura, una brutta abitudine durata troppo a lungo, un trauma irrisolto, l’inquinamento da traffico della città, un’industria vicina, la maledizione di un nemico, tutto e tutti tranne l’ipotesi insopportabile dell’incidente statistico”. Del resto “lei non era una persona qualunque”, ne danno conferma i racconti, a cominciare dal rituale delle tre ciotole preparate ogni giorno, una di riso, una di piccoli pezzi di pollo o di pesce, la terza di verdure, a cui attingere in piena libertà, senza orari né riti, unica soluzione per trattenere il cibo nello stomaco, vista la relazione stretta tra psiche e corpo.

Pur nella loro varietà i racconti si richiamano con particolari che ritornano, possono essere i piatti lasciati sporchi nel lavandino e la  intolleranza agli orari dei pasti, che un lui ricorda dopo la separazione, quando cerca di evitare ogni luogo che hanno frequentato insieme; può essere il pensiero della protagonista di Utero in affido che dichiara la sua insofferenza ai bambini: “I bambini sono fasci di bisogni infiniti che non sanno fingere e non saper fingere è un difetto sociale, puerile per definizione”. O il rifiuto della maternità: “essere gravida e madre sono due cose diverse”, e la critica – tragicomica – dei capricci che i genitori concedono ai bambini anche in luoghi pubblici; dire “Ma è un bambino!” non serve a giustificazione: è divertente leggere, a questo punto, le strategie da mettere in atto per la sopravvivenza. Invece gli adolescenti sono osservati nelle loro crisi di identità, nelle relazioni tra coetanei, nel bisogno di autonomia, aspetto quest’ultimo che comporta la crisi di una madre quando il figlio sceglie di andare a vivere da solo. Trasversale è la presenza del Covid con i suoi danni, le paure, le ossessioni, le regole; indiscusso il bisogno d’amore: per la mancanza di attenzione, la superficialità e ordinarietà dei rapporti, una donna si infatua di un corpo giovane e bello, non importa se è un cartonato che deve tenere nascosto nell’armadio. Lo ritroveremo, il cartonato, a riempire un bidone dell’immondizia in Fossa comune, dove la violenza di un calcio sferrato ad un topo riporta ricordi di altre violenze lontane.

Se si coglie una grande capacità di tenere sotto controllo il proprio vissuto, travasando i pensieri ed elaborando le paure attraverso le storie, il racconto che chiude la raccolta, Cambio di stagione, appare come un ultimo saluto surreale e inquietante: ci sono abiti di una  donna scomparsa appesi agli alberi di una sughereta – che è diventata come un bosco di spettri – e ci sono gli invitati a questa  festa di commiato: ognuno può portarsi via l’abito che vuole scegliendo tra tutti quelli che si muovono leggeri nel vento, come anime in volo. Forte è il valore simbolico e allusivo di questa chiusura, messaggio di accettazione di un percorso arrivato alla fine, dopo una carrellata di racconti in cui la Murgia ha stupito, ha fatto anche sorridere, sempre ligia a se stessa nella propria particolare originalità, nel suo rifiuto di adeguarsi al pensiero comune.

 

Marisa Cecchetti

Marisa Cecchetti vive a Lucca. Insegnante di Lettere, ha collaborato a varie riviste e testate culturali. Tra le sue ultime pubblicazioni i racconti Maschile femminile plurale (Giovane Holden 2012), il romanzo Il fossato (Giovane Holden 2014), la silloge Come di solo andata (Il Foglio 2013). Ha tradotto poesie di Barolong Seboni pubblicate da LietoColle (2010): Nell’aria inquieta del Kalahari.