“C’è ancora domani” (di P. Cortellesi, ITA 2023)
Con l’occasione delle 19 nominations ai David di Donatello, e con ritardo imperdonabile, svolgiamo alcune brevi osservazioni sull’esordio alla regia di Paola Cortellesi. Film che ha avuto un grande successo di botteghino.
La sinossi è semplice: girato al Testaccio, in un quartiere di Roma dell’immediato dopoguerra, del II conflitto mondiale, la gente inizia a riprendere un tenore di vita normale, i negozi si riaprono, i mercatini ortofrutticoli si risvegliano, ci si arrangia con lavoretti diversi, i soldati americani presidiano ancora le strade, e fortunatamente sono ritratti con uno sguardo benevolo. Delia (Cortellesi) è una giovane madre di tre figli che tira avanti la baracca come può. Custodisce il focolare domestico a costo di frustrazioni e forme di vittimizzazione fisica, psicologica e economica. Fuori, un meccanico è innamorato di lei, ricambiato, ma è un amore impossibile. In famiglia suo marito Ivano (Mastrandrea) è un lavoratore, ma anche un uomo violento, un padre padrone verso il quale in particolare la figlia maggiore, fidanzata innamoratissima con un ragazzo di una famiglia di commercìanti (ma anche lui deluderà), nutre una sorda avversione. Sullo sfondo, le elezioni politiche che si apriranno finalmente al suffragio universale, il 10 marzo del 1946.
Girato in bianco e nero, una scelta azzeccata finalizzata certamente a evocare le atmosfere del neorealismo, il film è tutto costruito sul tema della condizione femminile in una società “patriarcale” (Giorgio Colangeli, patriarca dalla mentalità arretrata e maschilista è il suocero di Delia), della sopportazione di Delia ma anche della sua capacità di clandestinità e gesti di ribellione, della sua sensibilità di madre e della solidarietà e confidenze femminili (bravissima Marisa, Emanuela Fanelli, la fruttivendola e amica di Delia). Un po’ retorico il finale.
Che altro dire? Piacevole, sensibile, “sognatrice”, ben recitata (a partire dalla Cortellesi) questa opera prima non merita però gli elogi sperticati e l’accoglienza trionfale che ha avuto. Verrebbe da dire, ecco: la regista si è impegnata, è stata diligente, è riuscita a toccare corde difficili con delicatezza. Non molto di più. Una curiosità: la scrittura del film è anche curata da Giulia Calenda, figlia di Cristina Comencini e sorella del politico Carlo.
VOTO: 7