19 Dicembre 2024
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Patrizia Debicke van der Noot, Figlia di Re. Un matrimonio per l’Italia, Ali Ribelli Editore 2024, pag. 342.

 

Era l’estate del 1858: non ha avuto la fama che si merita Maria Clotilde di Savoia, figlia di Vittorio Emanuele II, che allora ascoltò da Camillo Benso conte di Cavour, queste parole: “Il 21 luglio ho incontrato a Plombièrs Napoleone III, imperatore di Francia. L’imperatore è pronto a offrire il suo appoggio a Sua maestà. Vittorio Emanuele II di Savoia, re di Sardegna, in caso di attacco austriaco al Piemonte ma, per cementare l’alleanza tra i nostri due stati, ha sollecitato la mano di Sua Altezza Maria Clotilde di Savoia per suo cugino, il principe Napoleon. Sua Maestà, il re di Sardegna, non è contrario a questo progetto matrimoniale ma, prima di dare una risposta, si rimette al Suo volere”.

Era nel castello di Casotto, residenza di caccia della casa sabauda, ed era tornata da una cavalcata su Mistral, indosso un paio di pantaloni sotto la gonna per poter cavalcare meglio: un rapido cambio d’abito e poi giù nel salotto verde, accompagnata dalla marchesa Carolina di Villamarina. Il padre non aveva avuto il coraggio di parlare alla sua Checchina, e ascoltava in silenzio.

Patrizia Debicke van der Noot, fiorentina di nascita, scrittrice e critica letteraria, delinea la figura di Clotilde di Savoia a cominciare dal giorno della comunicazione di Cavour, fino al 1862, di ritorno da un viaggio oltreatlantico sullo yacht del marito, principe Napoleon Joseph, unico della famiglia imperiale ad avere sposato una figlia di re.

Matrimonio di stato, dunque, alla base della unità d’Italia, con la garanzia di un intervento francese accanto all’esercito piemontese: le condizioni per la seconda guerra l’indipendenza, nel 1859, furono cercate e create. Quello che è stato definito il sacrificio di Clotilde per il bene dello stato, ha portato alla annessione della Lombardia al regno di Sardegna, nonché ai plebisciti con cui gli Asburgo lasciavano i ducati di Modena, Parma e il Granducato di Toscana. Ma ha innescato anche una serie di sollevamenti popolari e di interventi – vedi la presenza di Garibaldi a fianco dei Savoia, con i suoi Cacciatori delle Alpi e poi con l’impresa dei Mille, tanto che davvero il matrimonio di Figlia di Re è stato il punto di inizio di trasformazioni profonde che hanno visto l’elezione di un primo Parlamento Italiano nel 1861, con Vittorio Emanuele II re di una Italia unita, a cui mancavano solo le regioni venete e Roma.

Questo percorso storico in cui ci guida Patrizia Debicke van der Noot porta a riflettere su un passato che diamo talora per scontato, senza pensare a quante vittime ha richiesto l’unità del nostro Paese, senza pensare che nel  1861 lo spargimento di sangue non era ancora finito.

Aveva una personalità ben definita Clotilde, cresciuta alla etichetta severa di Moncalieri e Torino, meno formale al castello di Casotto. Lei aveva studiato, conosceva quattro lingue, amava dipingere e cavalcare, era religiosissima; l’opposto del principe Napoleon, trentanovenne al momento del matrimonio, libertino, viveur, figlio di Girolamo -Jerome- Bonaparte, fratello di Napoleone.

Prima di accettare lo aveva voluto incontrare e l’impressione era stata positiva – lei conosceva le debolezze sentimentali del re suo padre, e non le faceva paura la fama del futuro consorte. Clotilde non era una bellezza, ma lui la trova gradevole, gentile, sicura, spigliata e intelligente, tutte qualità importanti per essere al suo fianco negli incarichi di governo. Ciò non bastava perché potesse dirsi innamorato di lei: lui, allora, aveva una splendida amante, Anne Deslions, bella, statuaria, provocante, da cui trovava spesso conforto, ma non negava che era “fisicamente trascinato dall’amore di lei”, di Clotilde. Vivono a Palais Royal e frequentano le Tuileries, sede imperiale.

Mentre il romanzo attraversa tutte le fasi della guerra del 1859 fino all’armistizio di Villafranca, senza dimenticare il sangue versato soprattutto a Solferino e San Martino, si evidenziano gli intrighi, lo spionaggio finanziario  della principessa di Castiglione, gli incontri con scrittori importanti e musicisti, ma soprattutto le divergenti posizioni dell’imperatore e del cugino: il primo preoccupato delle reazioni del popolo francese davanti a un possibile prolungarsi di questa guerra fuori dai confini, ma anche delle reazioni del Papa, che le truppe francesi proteggevano. Il principe Napoleon dal canto suo aveva voluto l’intervento francese come stabilito a Plombiers, trattato legato alla sua persona, sia nel rispetto del suocero, re Vittorio Emanuele II, sia nel rispetto di Clotilde che tifava per il padre, a meno che non le si toccasse il Papa.

Si rimane affascinati dalla figura di Clotilde, fondamentalmente simbolo di guerra, sposa sedicenne per ragioni di stato, sola alla corte francese, che non interrompe mai lo scambio epistolare col padre e con i fratelli, Umberto, Amedeo e Oddone, regale nella sua semplicità, presente con il suo punto di vista nelle questioni di stato, testarda nella definizione  affettuosa di quel marito libertino su cui l’amore di lei riesce piano piano a fare presa. E se qualcuno aveva dubitato che a Palai Royal e a corte non trovasse il suo spazio: “Altro che dovrai lasciarle spazio, come diceva mio padre. Con Clotilde dovrò proteggere il mio”. A questo pensiero il principe rise divertito.

 

 

Marisa Cecchetti

Marisa Cecchetti vive a Lucca. Insegnante di Lettere, ha collaborato a varie riviste e testate culturali. Tra le sue ultime pubblicazioni i racconti Maschile femminile plurale (Giovane Holden 2012), il romanzo Il fossato (Giovane Holden 2014), la silloge Come di solo andata (Il Foglio 2013). Ha tradotto poesie di Barolong Seboni pubblicate da LietoColle (2010): Nell’aria inquieta del Kalahari.