15 Novembre 2024
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Vespa, l’aborto e Telemeloni

Insetti sociali. Società formata da maschi e da femmine, le sole a essere dotate di pungiglione. Questa loro società comprende femmine sterili, operaie, e una o più femmine fertili dette regine. I maschi appaiono solo nel periodo riproduttivo, quando, se è il caso, si parla di interruzione volontaria di gravidanza, di aborto. Di vespe e di Vespa basta solo questa dichiarazione: «faremo il possibile per garantire alle donne il ruolo che meritano». Come fosse una Vespa femmina, con pungiglione, che fa «il possibile», per garantire alle altre vespe donne di pungere… In qualche modo questo idealtipico Bruno Vespa si allarga, si arroga dei diritti, punge a destra e a manca. Ma stavolta l’ha fatta davvero grossa: durante la puntata di Porta a Porta di giovedì 18 aprile ha invitato cinque ospiti maschi a parlare di un tema del tutto femminile: l’aborto.

La deputata del Pd, Ilenia Malvasi ha commentato: «Nessuna donna coinvolta su temi che riguardano la salute riproduttiva femminile e la libertà di scelta». Ma si sa: quando le “vespe” si trovano in stato di agitazione riproduttivo, se sono femmine, allora pungono. Per cui pungendo non sarebbero state utili a Bruno Vespa che sceglie di trattare un tema afferente al corpo della donna senza una donna. Niente da dire: «Vespa» – che a questo punto è l’arbitro, il “principio regolatore” di tutte le altre vespe donne: un maschio che decide che tutte quante le altre donne non debbono parlare perché pungono, decide altresì che valga più la narrazione maschile intorno a temi femminili piuttosto che l’esperienza diretta femminile su temi che esse provano sulla loro pelle. Vale più la narrazione dell’esperienza, valgono più i sentimenti che i diritti, valgono più le emozioni che i ragionamenti, vale più la storia di seconda mano piuttosto che il fatto per quello che è e per come è. La narrazione vespifera e maschilista ha portato dunque la maggiore delle reti della Rai a realizzare una trasmissione incentrata, alla fin fine, sul punto di vista dei maschi intorno a temi femminili. È come se io che assisto a una partita di calcio posso spiegarla meglio dell’attaccante che la sta giocando. Certo, dal mio punto di vista io ho visto una certa partita, ma l’attaccante è quello che l’ha giocata. È questo un discorso che ci porterebbe troppo oltre: oltre la fine della competenza a favore dell’esperienza degli influencer; oltre la fine della cultura a vantaggio – come dice Umberto Galmberti nel suo ultimo saggio – di “ciò che sento”; oltre la fine delle “grandi narrazioni” (Lyotard) in funzione dell’avvento di un postmodernismo segnato da relativismo e cieco individualismo.

Troppo oltre per quello che è stato effettivamente, non un passo falso di Bruno Vespa, ma la manifestazione evidente della pervicacia e dell’arroganza di questa Telemeloni che mette in campo una rappresentazione della realtà corrispondente a una visione del mondo egotica, arrogante, incapsulata in formulari definitivamente affossati dalla storia, ingenerosa, spicciola, probabilmente misera. Una RAI che incarna quella “volontà di potenza” che il povero Nietzsche prefigurava e che, molto più di Tolkien e di Atreju, fa parte dell’immaginario collettivo di questa desta vespista, maschilista, sentimentale e presumibilmente incongrua nelle sue manifestazioni esteriori.

La politica italiana è stretta in una complessità rispetto alla quale nessuno riesce a trovare il filo. Nell’epoca del nichilismo conclamato e realizzato ciò vuol dire: dire Si alla vita. Il Superuomo nicciano, annunciato dalla Morte di Dio, accetta la vita per quello che è! E gira in tondo nel suo eterno ritorno dell’uguale. Accetta la vita per quello che è e non «cerca di cambiarla», come diceva Karl Marx nell’11esima Tesi su Fuerbach.

E i cittadini, a questo punto, accettano la vita per quello che è e vanno a votare per le Europee. Senza entusiasmo ma con la volontà di potenza. Si illudono? No! Il mondo è dolore, angoscia, male, paura, afflizione, sofferenza. Bisogna dire Sì alla vita. L’ha detto Bruno «Vespa».

Gianfranco Cordì

Gianfranco Cordì (Locri, 1970), ha scritto dodici libri. E' dottore di ricerca in filosofia politica e giornalista pubblicista. Dirige la collana di testi filosofici "Erremme" per la casa Editrice Disoblio Edizioni. Dirige le tavole rotonde di filosofia del Centro Internazionale Scrittori della Calabria.