Addio a Shelley Duvall, stella nascosta del cinema americano
È con il dispiacere di chi ha amato, nell’età giovanile, il cinema americano degli anni Settanta, o attendeva le uscite dei film di Altman con grandi aspettative e considera Altman (almeno come Kubrick) un genio della settima arte, ma anche un eccezionale direttore di recitazione, che piangiamo la scomparsa di Shelley Duvall, la magrissima ‘big eyes’ allampanata dinoccolata con la dentatura sporgente vitalissima interprete di una serie di capolavori che riconoscerete (spero in molti, lettori di alleo.it) leggendone in calce a questa breve commemorazione la filmografia. Mi verrebbe da ricordarla innanzitutto per un ruolo minore, quando in una improbabile scena da lap-dance al rallentatore, lei apparentemente contro ogni tentazione maschile, cantava nella penombra di un pub, abbastanza ignorata dagli avventori I never get enough nell’immortale Nashville di Altman (1975) che non ho dubbi nel collocare nella hall of fame del cinema, certamente ben dentro i cinquanta più bei film della storia. Altman la diresse molte volte, a partire dal di lei esordio ne Anche gli uccelli uccidono (strepitoso, 1970) e poi per esempio anche, e come protagonista, in Tre donne. Ma Shelley fu anche in Io e Annie di un certo Woody Allen. Non v’è dubbio che sarà ricordata in primo luogo come protagonista (“la indimenticabile Wendy” si legge oggi nei coccodrilli, che almeno ci sono!) di Shining ma Shining è film inferiore. D’altra parte a quanto pare, e a quanto ebbe a dichiarare la stessa Shelley, alcune sua paure e difficoltà psichiche sviluppate in età matura sarebbero insorte a seguito degli shock riportati durante le riprese di quell’horror. Horror di classe ma, ripetiamo, “inferiore” all’interno della produzione kubrickiana e solo discreto in assoluto. Film certo noto alle giovani generazioni dei trentenni e ventenni, parzialmente incolpevoli dato la progressiva decadenza delle sale d’essai, l’azzeramento del cinema serio in televisione, la frammentazione traileristica causata dalle troppe cose che i social inducono ad assaggiare ma non a degustare. Sono le generazioni, ed è già qualcosa, dei film di culto (tipo L’attimo fuggente – e non conoscono Il posto delle fragole – tipo Pulp Fiction – e ignorano Il mucchio selvaggio), generazioni di “Kubrick? ah, splendido Shining!” (unico film loro noto). Tornando alla Duvall, istintivamente la si può associare, mi viene da associarla, a Karen Black, scomparsa anche lei di recente e forse persino meno nota. Ma la Black fu icona del New American Cinema, è da ricollegarsi a quella stagione, alla quale la Duvall sostanzialmente non prese parte. Shelley era ancora relativamente giovane: era nata a Houston/TE nel 1949, ed era malata da tempo di diabete. La critica Pauline Kael la definí “Buster Keaton” femminile, ma forse più che altro per una sua stralunatezza e una vaga somiglianza dello sguardo. In tal senso potrebbe essere anche visto il ruolo di Olivia da lei rivestito in Popeye del 1980, sempre con la regia di Altman.
FILMOGRAFIA
- Anche gli uccelli uccidono (Brewster McCloud), regia di Robert Altman (1970)
- I compari (McCabe & Mrs. Miller), regia di Robert Altman (1971)
- Gang (Thieves Like Us), regia di Robert Altman (1974)
- Nashville, regia di Robert Altman (1975)
- Buffalo Bill e gli indiani (Buffalo Bill and the Indians, or Sitting Bull’s History Lesson), regia di Robert Altman (1976)
- Io e Annie (Annie Hall), regia di Woody Allen (1977)
- Tre donne (3 Women), regia di Robert Altman (1977)
- Shining (The Shining), regia di Stanley Kubrick (1980)
- Popeye – Braccio di Ferro (Popeye), regia di Robert Altman (1980)
- I banditi del tempo (Time Bandits), regia di Terry Gilliam (1981)
- Frankenweenie, regia di Tim Burton (1984)
- Roxanne, regia di Fred Schepisi (1987)
- Cose dell’altro mondo (Suburban Commando), regia di Burt Kennedy (1991)
- Torbide ossessioni (Underneath), regia di Steven Soderbergh (1995)
- Ritratto di signora (The Portrait of a Lady), regia di Jane Campion (1996)
- Zona d’ombra: bambole e vudù (Shadow Zone: My Teacher Ate My Homework), regia di Stephen Williams (1997)
- Cambio vita (Changing Habits), regia di Lynn Roth (1997)
- Twilight of the Ice Nymphs, regia di Guy Maddin (1997)
- Come ho conquistato Marte (Rocket Man), regia di Stuart Gillard (1997)
- Talos – L’ombra del faraone (Tale of the Mummy), regia di Russell Mulcahy (1998)
- Fast Food (Home Fries), regia di Dean Parisot (1998)
- Il mistero del quarto piano (The 4th Floor), regia di Josh Klausner (1999)
- Big Monster on Campus, regia di Mitch Marcus (2000)
- Manna from Heaven, regia di Gabrielle Burton (2002)
- The Forest Hills, regia di Scott Goldberg (2023).
Si veda per qualche ricordo:
https://www.ilpost.it/2024/07/11/shelley-duvall-morta/
https://time.com/6997433/shelley-duvall-dies/
https://www.bbc.com/news/articles/cy77p22jr5lo