19 Settembre 2024
Words

Familismo ministeriale

Edward Christie Banfield ha introdotto in sociologia il concetto di “familismo amorale”. Tale concetto faceva riferimento a un luogo specifico (che non era la Garbatella – noto quartiere romano): il paesino di Chiaromonte in Basilicata.
Siamo alla fine degli anni Cinquanta. Banfield scrisse che: l’arretratezza di quel paesino (poi estesa a tutto il Sud Italia di quegli anni) deriverebbe dal fatto che il personale prendeva sistematicamente il posto del politico; si privilegiavano gli interessi della propria famiglia nucleare a scapito prevalentemente di quelli della comunità. Insomma: io e la mia famiglia tutelati; il bene comune un optional.

L’amoralità, dunque, si svilupperebbe dal diniego nei confronti della società civile. Il “male” non sarebbe aver mancato in qualcosa rispetto a questioni private o individuali, ma aver mancato in qualcosa nei confronti della società.
Volendo applicare questo concetto alla vicenda di Gennaro Sangiuliano, abbiamo subito una conseguenza determinante e differenziale: si elimina tutto il privato, il personale, i fatti suoi. Volendo giudicare se Sangiuliano ha peccato di “familismo amorale”, allora, dovremmo mettere in evidenza che nel suo caso non si tratta di famiglia, ma del “quartierino” dal quale e nel quale, a detta di molti, questo governo di destra-destra si troverebbe, si sarebbe orientato (nelle sue scelte politiche; nelle scelte per gli incarichi da affidare eccetera), si sarebbe circoscritto.
Ecco che allora c’è da fare un secondo “sbarramento”: non più Gennaro Sangiuliano, ma l’intera coalizione di governo si è macchiata di “familismo amorale”? Ovviamente io non posseggo i mezzi sociologici per rispondere a un simile interrogativo. Però, come tutti gli italiani, una riflessione la posso fare.

L’accusa lanciata a questo governo di privilegiare il particolare al generale potrebbe avere un senso solo se si attestasse e sperimentasse che il rapporto particolare-generale è stato rotto; spezzato a favore del primo di questi due elementi e a scapito del secondo. Facciamo un esempio concreto. Il concetto di “merito” è andato a detrimento di qualcuno? Capovolgendo la frittata: qualcuno che possedeva del merito si è visto sorpassare da qualcuno che non ne aveva? Ci basta un singolo caso e una esatta valutazione di che cosa è il merito (e la sua scala di valori) per poter constatare che quell’equilibrio di cui si diceva si è effettivamente rotto e che dunque si è privilegiato il “quartierino” e non il merito. Non sono a conoscenza di casi di questo genere. Ma posso dire per esempio che il nuovo ministro Alessandro Giuli non è laureato. E posso pure riportare una notizia che gira in queste ore, a proposito del familismo: la sorella del neo ministro della cultura si chiama Antonella Giuli. È la ex-responsabile comunicazione di Fratelli d’Italia, poi portavoce del ministro Lollobrigida. Da poco lavora nell’ufficio stampa della Camera dei Deputati, assunta a chiamata diretta per 120.000 € l’anno.

Se merito vuole dire curriculum vitae mi ricordo di un mio triste (perché finito male) amico che mi diceva: «Io nel curriculum ho messo anche tutte le conferenze». E io gli dicevo: «Giusto! Hai fatto bene! Tutte le conferenze che hai fatto?». E lui rispondeva: «No! Tutte le conferenze cui ho assistito; quelle dove sono entrato e mi sono seduto ad ascoltare».

Gianfranco Cordì

Gianfranco Cordì (Locri, 1970), ha scritto dodici libri. E' dottore di ricerca in filosofia politica e giornalista pubblicista. Dirige la collana di testi filosofici "Erremme" per la casa Editrice Disoblio Edizioni. Dirige le tavole rotonde di filosofia del Centro Internazionale Scrittori della Calabria.