Stefano Tofani, Ibra, Editoriale Anicia S.r.l. 2024, pag. 44. Illustrazioni di Marianna Bruno.
Alla presentazione di Ibra lo scrittore Stefano Tofani ha rivelato che questo racconto illustrato è la trasposizione letteraria del dolore che ha provato a Lampedusa. Lui infatti per due anni ha organizzato un laboratorio presso la biblioteca IBBY dell’isola, così ha potuto conoscere la situazione.
La biblioteca IBBY di Lampedusa è “una biblioteca per bambini al centro del Mediterraneo con un fondo speciale costituito da libri senza parole, i silent books, che arrivano ogni anno da tutti i paesi membri di IBBY, settanta in tutto il mondo». I libri fatti solo di immagini facilitano l’incontro tra bambini di origini diverse, perché le immagini possono essere lette da tutti, sono universali.
Ma non possono più accedere alla IBBY i minori che vivono nel Centro di accoglienza di Lampedusa, nemmeno se accompagnati, come invece facevano prima del Covid, questo avviene contro la Dichiarazione dei diritti del fanciullo: “Tutti i bambini hanno diritto all’istruzione, indipendentemente dal sesso, dalla religione, dalla nazionalità e da qualsiasi altra condizione. Lo Stato deve fare tutto il possibile per garantire l’accesso dei bambini all’educazione”. Possiamo immaginare quanto, proprio quei piccoli chiusi dietro ai cancelli, avrebbero bisogno di occasioni di incontro.
Ibra è la storia – verisimile – di uno di loro e di altri bambini dell’isola, un’isola bella per il mare e il cielo, ma spoglia, dove si vedono poliziotti e militari e nessun migrante in giro. A scuola ne parlano, di migranti, qualcuno è a favore qualcuno contro, ma per Michele rimane tutto un po’ lontano, quasi astratto, fino al giorno in cui la TV parla di bambini africani trovati morti sulla spiaggia. Questa volta lui ascolta: “Un bambino di undici anni come me, due gemelline di pochi mei. Papà brontolava, aveva alzato il volume per ascoltare meglio, la mamma singhiozzava”. Il sonno si popola di incubi: sogna di trovarsi sulla spiaggia, ma il mare è scomparso, “al suo posto c’era un deserto con la sabbia più scura di quella dove sedevo io”. E su quella distesa una fila interminabile di corpi di bambini e donne, morti. L’incubo non lo abbandona, lui diventa taciturno e pensoso, non entra più in mare, eppure è un bravo tuffatore.
Michele ama giocare a pallone, sono squadre miste di maschi e femmine, ma giocano sempre quattro contro tre e non riescono a trovare l’ottavo perché “A Elisa non piace giocare. Non la smuovi, non la convinci neanche a mettersi in porta”. Eppure dietro a quei cancelli ci sono possibili amici di gioco, ne hanno visto tanti quando sono andati tutti insieme fino al Centro di accoglienza, “in cima alla strada che finisce”. Uno giocava con un pallone forato e aveva la maglia di Ibrahimovic, invece loro ne hanno uno nuovo che fila come il vento. Si rivolgono alle guardie che li ascoltano sorridendo: troveranno l’ottavo giocatore?
Stefano Tofani è conosciuto come uno scrittore per bambini, ma lui continua a ripetere che i suoi libri sono adatti a tutti, perché dietro storie apparentemente semplici passano messaggi importanti. Saranno comunque i bambini a costruire il futuro, ne è fiducioso, come si legge nell’esergo tratto da Jella Lepman: “Poco a poco facciamo in modo di mettere questo mondo sottosopra nuovamente nel verso giusto, cominciando dai bambini. Mostreranno agli adulti la via da percorrere”. Questi ragazzini che cercano l’ottavo giocatore hanno dato l’esempio: consiste in un gesto d’amore.