Massimiliano Scudeletti, La laguna del disincanto, Arkadia Editore 2024, pag. 272.
Alla laguna di Venezia torna costante il pensiero di Alessandro Onofri, perché lì ha trascorso l’infanzia nel palazzo della zia, personaggio originale vissuto nel mondo dell’occultismo e della magia, di insoliti incontri con gli amici seduti con le mani unite intorno a un tavolino. Questo ne La laguna dei sogni sbagliati, quando al ragazzino capita una terribile supplente che terrorizza i ragazzi, cerca vittime, un demone che fugge lontana dal crocifisso, che si vendica di chi la critica. In questo contesto carico di violenza e di mistero Alessandro ha cercato, a suo rischio, di mettersi in contatto con i genitori scomparsi.
Ne La laguna del disincanto Onofri ormai adulto, che è stato videoreporter di guerra, che è venuto a contatto col dolore e con la pazzia, riceve la telefonata di un’amica che gli parla di certi comportamenti inquietanti che ha cominciato a manifestare il figlio Duccio, alunno di un importante istituto scolastico fiorentino insieme al fratello più piccolo, Vanni, e a tanti bambini di ogni parte del mondo. La madre è riuscita a fissare immagini di lui che mostra a Vanni un tronco di pupazzo a cui sono state asportate tutte le altre parti del corpo, con segni rossi a sottolineare le ferite. E il loro cane, Ciclope, è scomparso. Perché Duccio terrorizza il fratello?
Si entra in un noir che acquista una accelerazione che travolge: se in famiglia non ci sono stati fatti tali da giustificare le stranezze del bambino, bisogna partire dall’altro ambiente dove trascorre il suo tempo, la scuola. La Preside non collabora, lo farà solo più tardi messa alle strette, ma un inserviente rivela gli abbandoni di vari alunni e l’ospedalizzazione di una bambina. Intanto Duccio è diventato tutt’altra persona dal figlio che la madre conosce.
Che cosa sta succedendo in quella scuola di Firenze, ma anche ad Augusta e a Bologna in una scuola di suore? Si cerca la risposta nella pedopornografia, ma i confini vanno oltre.
Che cosa significa il grido di Duccio – Balial – davanti alla testa mozza di un cinghiale che lo fissa? Chi si nasconde dietro alla suora che dà nel matto quando le tolgono il braccialetto sotto cui è incastrato un amuleto? Ma soprattutto chi è Filosa, la donna che si è spacciata per insegnante a Firenze, e che cosa fa durante le lezioni? Alessandro si deve fidare di Laila, alias Feresheteh Neri, bellissima insegnante di canto che gli racconta di avere abbandonato con i suoi l’Iran di Khomeini? Un amore passionale, fisico, ma anche aperto alla tenerezza e alla fiducia lega Onofri a Laila: “Lei non c’entra. Qualcuno ha cercato di farmi fuori e lei mi ha salvato”, dice Alessandro, che la protegge.
Scudeletti trascina il lettore nel mondo buio del Male, con le indagini che si allargano, con la tensione crescente intorno a Onofri che è nell’occhio dei criminali per la tenacia della sua ricerca. Un’indagine che mette a nudo gli istinti più violenti, la incapacità di conoscere ciò che di più basso si nasconde dietro l’apparenza, che fa riflettere sul pericolo reale della Rete, del Dark Web, sui misteri che cela, sulla sua capacità manipolatrice e distruttiva. Un noir che non perde mai di vista la laguna così cara a Onofri, con i suoi ricordi dove echeggiano le parole della zia Annamaria, la laguna che ormai ha perso l’incanto della fanciullezza, sulla quale continuano a alzarsi le esalazioni dell’area industriale di Porto Marghera che tingono di rosso i tramonti.