“Una storia nera” (L. D’Agostini, ITA 2024)
Sinossi: Carla (Laetitia Casta) separata da alcuni anni, vive a Roma con i tre figli. In occasione del compleanno della piccola Mara, Carla decide di invitare alla festa il suo ex-marito Vito (Giordano de Plano) e padre della bambina, che, cosí sembra all’inizio, ne desidera presenza e regali. Finita la serata, di tutta apparenza piuttosto tranquilla, l’uomo scompare. Viene ricercato sin che il corpo viene ritrovato nel Tevere, con segni di ferite da coltello. La PM Alaimo avvia le indagini. Il sospetto cade ormai su Carla. Costei finalmente ammette la propria colpa, denunciando di essersi avvalsa della legittima difesa dopo una vita passata a subire le violenze del marito, confermate dal figlio maggiore. La legittima difesa è la verità giudiziaria, che risulta resa necessaria perché in casa durante la festa per Mara sarebbe scoppiate una lite violenta tra i due ex coniugi. Prende corpo il sospetto che l’invito di Carla a Vito anziché un gesto di generositá verso il desiderio di sua figlia (che infatti alla fine del film viene smentito come tale: era stata Carla a convincerla), fosse stato in realtà una trappola infernale, una vendetta servita a freddo. Ci si chiede perché, d’altra parte, dato che due dei tre figli ormai sono maggiorenni e che Carla e Vito di fatto non vivono insieme. Non c’è forse una unica verità.
Non c’è bisogno di sottolineare l’attualità di questo thriller giudiziario, ben interpetrato dalla Casta. Esso ripropone alcuni dilemmi. Quali sono i limiti, in assoluto, della legittima difesa, cioè le condizioni e le dinamiche a partire dalle quali il diritto penale può ritenere attivato questo istituto? Più interessante sul piano giuridico: in che modo la soglia della legittima difesa nei tribunali può essere in questa fase storica da “abbassarsi” su base giuridica in presenza di stalkeraggio “patriarcale” e maschile e di rischi di femminicidio? Sono dubbi suscitati dall’opera che però contiene elementi di contorno ma non privi di rilievo come il rapporto tra la madre i due figli maggiori, e il legame istintivo che lega questi ultimi al padre per quanto violento possa essere stato.
D’Agostini (1977), già sceneggiatore di varie fiction, ha esordito nella regia con Il campione, con Stefano Accorsi, film che gli ha garantito un Nastro d’Argento per la migliore opera prima. Con la pellicola qui recensita (tratta da un romanzo di Antonella Lattanzi) offre un risultato di buona professionalità, senza raggiungere livelli di particolare originalità e intensità anche dal punto di vista della suspense.
Voto: 6.5
Per una analisi fortemente critica, <https://cinemando.blog/2024/05/31/una-storia-nera-recensione/>