Salvare l’ONU?
Nel corso del prossimo anno, l’Organizzazione delle Nazioni Unite compirà ottant’anni di vita. Fondata formalmente il 25 aprile 1945, l’Onu doveva inizialmente essere un’alleanza militare controllata attraverso il suo Consiglio di Sicurezza da cinque potenze ‘primarie’ uscite dalla parte vincente della Seconda guerra mondiale: gli Stati Uniti, l’Unione Sovietica, il Regno Unito, la Francia e la Cina. Agendo insieme, avrebbero garantito la pace nel mondo. Era una pia speranza: nemmeno due anni dopo, nel 1947, è scoppiata la Guerra Fredda tra Est e Ovest, rendendo ‘l’alleanza’ insostenibile…
All’epoca, molti si aspettavano che l’Onu non sarebbe sopravvissuta a lungo. Ci è riuscita invece cambiando in qualche modo mestiere, superando il sogno dei fondatori più idealisti—secondo cui l’organizzazione avrebbe dovuto porre le basi di un futuro governo globale—per rendersi utile piuttosto con le mediazioni minori sotto l’ombrello del ‘peacekeeping’, e sviluppando varie agenzie specializzate, come l’UNESCO (la UN Educational, Scientific and Cultural Organization) insieme con tutta una serie di nuovi programmi di assistenza tecnica al servizio di paesi che non potevano altrimenti permetterseli.
Anziché sparire, l’Onu passò piuttosto una sorta di epoca d’oro, favorita anche da una serie di Segretari Generali insolitamente abili—personaggi del taglio dello svedese Dag Hammarskjöld, il birmano U Thant, l’austriaco Kurt Waldheim e, più in là, Kofi Annan, del Ghana—le cui attività venivano seguite con grande attenzione dalla stampa internazionale. Erano dei divi, avevano ‘star power’. Chi, oggi, dà retta ad António Guterres?
Quei tempi felici sono passati da un po’ e l’organizzazione è visibilmente in declino. La percezione è ormai quella di una grande—37mila dipendenti diretti—e decisamente bislacca burocrazia mondiale, più incline a mantenersi che a servire a qualcosa. Un recente libro, Liberating the United Nations, di Richard Falk e Hans von Sponeck, riassume così la visione critica dell’Onu: l’organizzazione, scrivono gli autori, “…è oggi più necessaria che mai e, al tempo stesso, meno rilevante come attore politico che in qualsiasi altro momento dalla sua fondazione nel 1945”.
Falk e von Sponeck sono dei riformisti che vorrebbero aggiustare i guasti e i difetti emersi nell’organizzazione, rinnovandola. Il problema è che l’Onu non controlla se stessa, è una creatura degli stati membri, stati che le danno sempre meno retta. I tempi sono cambiati. Le grandi potenze sono più potenti che mai e non sentono la necessità di far giudicare le loro azioni da un’entità che ormai conta—nei fatti—poco. Invadano l’Ucraina o l’Iraq senza chiedere niente a nessuno. I piccoli paesi, invece, non diventano più forti riunendosi periodicamente nel Palazzo di Vetro di New York: piuttosto si accodano ai grandi per essere protetti… Il sogno della pace universale—il sogno delle ‘nazioni’ finalmente ‘unite’—è più lontano che mai.