22 Febbraio 2025
Words

Cacciari, il sovranismo e il salame

Con una strana torsione, Massimo Cacciari – intervistato da Concetto Vecchio su La Repubblica – ha affermato che «i grandi monopoli finanziari, tecnici e produttivi» stanno realizzando una netta «impotenza» della politica ridotta a non fare più la politica. In questo senso: «Fare i nazionalisti significa lasciare campo libero alle potenze economico-finanziarie, essere funzionali al loro disegno». In sostanza il filosofo della Metafisica concreta tratteggia una curvatura tra la corrente politica nazionalista (e quindi centrata sul piccolo, sul micro rispetto al macro della globalizzazione) e «i grandi monopoli finanziari, tecnici e produttivi» (e quindi la globalizzazione tout court) centrata sul macro, sul grande, sul totale.

Privilegiare il micro vuole dire favorire il macro. Una strana torsione. Uno strano teorema. Una volta si diceva: «pensare globalmente, agire localmente». Adesso, secondo Cacciari, i sovranisti amerebbero dire: «pensare localmente, agire globalmente». Il che, oltre a un ribaltamento assai poco simpatico, starebbe a significare: vado dal mio salumaio per acquistare cento grammi di salame locale e così facendo favorisco la JBS S. A. (la più grande azienda di lavorazione della carne al mondo). Ma come? Io ho acquistato cento grammi di salame per favorire Don Peppino che ha due maiali nel Paese più vicino a me e invece faccio fare soldi ai brasiliani?

Fatto sta che Massimo Cacciari non ha sbagliato. In un mondo del tutto interconnesso questo stato di cose è possibile. Se la politica, come vogliono i sovranisti, si riduce a fare la politica prevalentemente all’interno della sovranità nazionale, ne deriviamo che tutto quanto il resto (globalizzazione inclusa) non è che scompare. Anzi, tutto quanto il resto continua a fare la politica.

Risultato? Massimo Cacciari parla di una «subordinazione di fatto»: io sono sovranista nel mio territorio e per tutto quanto il resto ti offro una «subordinazione di fatto». Me ne frego, dicevano i fascisti. Vivi e lascia morire, diceva James Bond. Chi ha avuto ha avuto ha avuto, cantavano i napoletani svogliati. Basta che io possa fare il sovranista per il resto mi «subordino» a te. Torniamo all’esempio di Don Peppino. Da buon sovranista ho acquistato cento grammi da salame locale, identitario, patriottico. Per tutto quanto il resto (dunque per tutto quanto «non è il salame» di Don Peppino, ho lasciato fare alla globalizzazione, ai monopoli finanziari, alla tecnocrazia).

Risultato? Tutto quanto il resto era molto più importante di Don Peppino. Dunque? Massimo Cacciari pensa giusto ma occulta una parte del problema. Sembrerebbe che, sia pure in una «subordinazione di fatto», la politica sovranista all’interno del dettato sovranista (che riguarda la sovranità di uno Stato) funzioni.

In fondo: Don Peppino ha avuto pure da me gli euro che gli erano dovuti per il suo salame. Io non ho sfavorito Don Peppino. Certo ho avvantaggiato la politica internazionale e la globalizzazione ma ho rispettato pure il localissimo Don Peppino.

In sostanza: privilegiando una politica sovranista si avrebbero buoni effetti e risultati all’interno del proprio territorio. Effetti innegabili, addirittura. «Bevete più latte, il latte fa bene» recitava il jingle nel film di Federico Fellini Le tentazioni del dottor Antonio (episodio di Boccaccio 70). Bevendo più latte locale, consumando più salumi a Km0 allora, secondo una interpretazione come la mia (malevola, di Massimo Cacciari), quantomeno l’economia nazionale si riprenderebbe. Senonché anche l’economia nazionale è legata a doppio filo a quella globale. Per cui il sovranismo non avrebbe scampo.

Gianfranco Cordì

Gianfranco Cordì (Locri, 1970), ha scritto dodici libri. E' dottore di ricerca in filosofia politica e giornalista pubblicista. Dirige la collana di testi filosofici "Erremme" per la casa Editrice Disoblio Edizioni. Dirige le tavole rotonde di filosofia del Centro Internazionale Scrittori della Calabria.