La scossa di un mondo sovvertito
In mondovisione, sentirsi dire «Non sei tanto intelligente», e non dall’Uomo Qualunque di Guglielmo Giannini ma dal Presidente degli Stati Uniti, non deve essere una bella sensazione. Di fronte al caminetto dello Studio Ovale di studio ce n’è stato ben poco; di ellittico altrettanto. Piuttosto, dirette espressioni di disistima; minacce; insulti; «Perché non indossi un completo? Ti trovi nell’ufficio più importante di questo Paese e ti rifiuti di indossarne uno. Possiedi un completo?» ha chiesto Brian Gleen, conduttore di Real America’s Voice, scatenando le risate di James Davide Vance. E non solo. Dimitrij Medvedev, Vice Presidente del Consiglio di Sicurezza della federazione Russa, commentando l’accaduto ha parlato del Presidente Ucraino come di «un pagliaccio cocainomane» a capo di «nazisti».
Il dies horribilis di Volodymyr Zelens’kyj si è così consumato tra gli applausi del «pubblico pagante» (del cyberspazio globale delle telecomunicazioni) e gli sparuti e timidi tentativi degli esponenti dell’Unione Europea di limitare i danni, di cercare di capirci qualcosa, di cercare di trovare uno spazio tra gli Stati Uniti, ormai lontani anni luce, tra una Russia che fino a ieri era da interpretare come un nemico e l’incognita della Cina, che continua a fare profitti e mantiene in vita il Partito Comunista. Impossibile prevedere quali saranno i futuri scenari. Ma riflettendo sull’attuale non si può fare a meno di constatare che in questa situazione l’Unione Europea risulta sempre più debole, la pace più lontana e la confusione tra le persone comuni massima.
Da tutte le parti in causa c’è una certa fretta semplicistica nel definire, nello schedare, nello schierarsi senza analizzare a fondo le questioni. E così si è semplificato, si è facilitato. È chiaro che la capacità di analisi non è per tutti. Ma di fronte a profondi sommovimenti storici come quelli che stiamo vivendo non si dovevano prendere a modello i partiti populisti. Intendo, proprio quei partiti che semplificano la democrazia, allontanandola in un rutto digestivo, che hanno fatto degenerare la democrazia stessa in una sua corruzione. «Non hai lavoro? Colpa dell’immigrato» e cose del genere…
Mi pare addirittura palese che non tutto possa essere semplificato. E che, poi, nel caso di frammenti di una geopolitica in continua evoluzione, con crisi economiche cicliche che si alternano, con un estrema destra che riceve consensi in quasi tutti i paesi d’Europa, con il «mangiar male/mal dormir» che Leporello, il servo mica tanto sciocco del Don Giovanni di Mozart-Da Ponte, indicava come sorte di quelli che una volta si chiamavano i proletari. Insomma, con tutto ciò è stato profondamente sbagliato tagliare le cose con l’accetta. Questi sono i buoni, questi sono i cattivi. Questa è la verità, questa è la menzogna. Edgar Morin ci ha insegnato che oggi siamo nella «complessità». «Non sei tanto intelligente» è un «marcatore somatico» (direbbe il neurologo Antonio Rosa Damasio): «Esso forza l’attenzione sull’esito negativo al quale può condurre una data azione, e agisce come un segnale automatico di allarme che dice: attenzione al pericolo che ti attende se scegli l’opzione che conduce a tale esito». In questo senso, questo «marcatore», vero e proprio centravanti che fa molti goal, attraverso l’incontro (e metà tra la farsa e la tragedia) di Trump con Zelensk’iy, ci ha dato la scossa. Probabilmente quella scossa che tutti quanti noi, persi tra centri commerciali e post su facebook, non ci aspettavamo più.