2 Aprile 2025
Sun

Daniel Filoni, Figure di una vita, Edizioni ETS 2024, pag. 56.

Un viaggio a ritroso a recuperare le figure che lo hanno accompagnato sul cammino, e allo stesso tempo un percorso attraverso la propria vita, questo nella silloge di Daniel Filoni, Figure di una vita. Ogni viaggio, tuttavia, non è privo di incertezze e domande: Il perché di quel viaggio, il suo scopo, mi sfuggivano, / e lo sgomento mi avvolse. Non più la bellezza delle città, / ma il timore di un viaggio senza meta mi assalì. La consapevolezza di non essere solo è di consolazione, qualcuno gli parla con dolcezza e gli fa da guida: Una donna bionda, occhi come stelle, si avvicinò, si sedette, e con dolcezza indagò sulle mie condizioni. Allora tutto si fa più leggero: “sapendo che con lei avrei ritrovato la via”. La donna come guida ci riporta alla figura di Beatrice nella vita di Dante, lei che gli indica la via della salvezza; ci riporta a un uomo smarrito di cui tre donne, Maria, Santa Lucia e Beatrice, si sono prese cura.

Sono molte le figure che compaiono, sono amici, familiari, persone amate e stimate, ma le figure femminili prevalgono: accanto alla figura di Maria ai piedi della croce, c’è la propria madre, lei che lo ha lasciato a camminare come in un sogno, con una parte di sé ormai spenta: Tu, irraggiungibile, dimori / tra i tralicci celesti delle stelle. /Tu, un fiore, / una colomba in cerca di quiete, / che sfugge dalle mie mani. / Mi lasci, qui, / in questo angolo di mondo, / dove hai consumato ogni goccia, / ogni dono, ogni splendore.

C’è Maria Mercedes: Una musa di grazia ineguagliabile, / percorre i sentieri dei miei giorni, / portando diademi e astri nelle sue mani. E Cristina, stella di sapienza e calore, / cammina lieve tra i giorni, madre e amore. Eleonora è una fiamma che lo illumina, l’assenza fisica compensata dalla presenza di lei fissata per sempre nella poesia: Questo amico, nei giorni a venire, / con la penna sfiderà il tempo, / e in versi d’amore, ti ricorderà, / perché tu vivi, eterna, nella poesia. Martina, invece, ha occhi di meraviglia.

L’assenza si fa sgomento e nostalgia per Alda Merini, come se la poesia avesse perso la sua voce più forte e coraggiosa: Alda, in te rivive una levità di fanciulla. / Dimmi, Alda: chi muterà, oggi, / in versi la forza del mare e della terra?

Una voce affettuosa, una condivisione di emozioni attraversa la silloge dando vita a figure maschili scolpite sempre con cura, sia che si tratti della figura del Cristo: Avevi un corpo, un soffio di pensiero, /che sotto l’ardente fiamma prendeva vita. / Capelli sciolti, fluttuanti al vento, drappeggiavano le spalle e / nel cuore, l’innocenza di un tempo di fanciullo; sia che si tratti del nonno “testardo, fiero e indomito” che gli ha insegnato “un’etica, un codice di vita”. O dello zio Alfredo: mio faro nella notte, / guida di un’infanzia tessuta di sogni. / La tua saggezza, come un fiume, scorre, / e nutre le radici del mio essere. Il mistero della vita è negli occhi del figlio: Ha occhi dappertutto mio figlio / anche quando sembra addormentato / tesse fili d’oro.

E poiché nella vita tutto si trasforma, c’è la certezza che anche il dolore si potrà mutare in gioia, se si trova la forza di percorrere nuove strade.

In questa carrellata d’amore e d’amicizia, solo l’estraneità è dolore, tanto più forte se diventa lontananza emotiva e di pensiero dalla figura paterna: Padre, tu che hai insegnato a superare il rancore, / a estendere la pietà verso chi è diverso, / a spingermi oltre la semplice accettazione / perché ora siamo così estranei l’uno all’altro.

Un verso che non concede troppo alla musicalità, quello di Daniel Filoni, in cui si percepisce una spiritualità profonda, che si dipana pacato creando una rete di connessioni, un mosaico di figure che danno il senso di una grande famiglia e azzerano la solitudine.

Marisa Cecchetti

Marisa Cecchetti vive a Lucca. Insegnante di Lettere, ha collaborato a varie riviste e testate culturali. Tra le sue ultime pubblicazioni i racconti Maschile femminile plurale (Giovane Holden 2012), il romanzo Il fossato (Giovane Holden 2014), la silloge Come di solo andata (Il Foglio 2013). Ha tradotto poesie di Barolong Seboni pubblicate da LietoColle (2010): Nell’aria inquieta del Kalahari.