I ponti di Leone XIV
Leone XIV, dalla Loggia delle Benedizioni di San Pietro, ha letto un discorso che, diversamente da quello di Giorgio VI (interpretato da Colin Firth nel film Il discorso del re di Tom Hooper) non era viziato dalla balbuzie; ma era insieme teso, vibrante di emozione e concreto. Un discorso tutto incentrato intorno ai temi della Teologia-Politica, un concetto filosofico coniato, proprio, da sant’Agostino, al cui ordine il nuovo pontefice appartiene. Il giurista tedesco Carl Schmitt nella sua, appunto Teologia-Politica ha spiegato che: «Tutti i concetti religiosi sono concetti politici secolarizzati». In questo senso, i richiami del papa, caduti per ben 10 volte sul lemma della «pace» (oltre a quelli, molto più filosoficamente fondati sul concetto di «ponte»: e cioè relazione, collegamento, congiunzione; non sostanza ma accidente, per dirla con Aristotele), ci consegnano la figura sinora inedita di un Vescovo di Roma saldamente concentrato sulle ragioni della fede ma anche sulla fede nelle ragioni. Leone XIV ha esplicitato la necessità di costruire un legame (un «ponte», appunto) tra l’umanità e Dio. Tra la politica e la teologia, in soldoni!
Questo «ponte» dovrebbe, proprio, essere Gesù Cristo. In più: sempre partendo da questo assunto del tutto teologico-politico, il papa ha anche fornito una definizione del tutto linguistica (cioè, culturale) di ciò che dovrebbe costituire l’essenza di questo «ponte». Il dialogo dovrebbe condurci tutti alla pace. Il dialogo è sempre un fatto di comunicazione giocato su argomentazioni linguisticamente fondate. Umberto Eco affermava che affinché ci fosse questa comunicazione occorrevano tre cose. 1) un emittente; 2) un ricevente e 3) un messaggio. Insomma, seguendo il «messaggio» dell’agostiniano Leone XIV si deve passare dalla «Città degli uomini» alla «Città di Dio» (titolo dell’opera più importante dell’africano Sant’Agostino di Ippona) attraverso l’ «incontro» («Possiamo tutti camminare insieme verso quella patria che Dio ci ha regalato») tra Dio e noi. Mediato, quindi dalla figura di Gesù Cristo, questo ennesimo «ponte» (il collegamento tra la «Città degli Uomini» e la «Città di Dio») si può, adesso, concretizzare e realizzare solo in termini architettonici.
Occorre, perciò, edificare la «Città della Pace». Sant’Agostino stesso aveva a suo tempo dichiarato che su questo mondo, due «cose» era venuto per conoscere: «L’anima e Dio». Col suo discorso inaugurale, leone XIV ha unito questi due temi. La via per la pace è aperta. Servono il dialogo, l’unione e lo stare insieme … L’«anima» che è aperta al dialogo è sempre «chiusa» ai muri; e costruisce «ponti». Il vero messaggio teologico-politico papale, divenuto adesso pienamente architettonico, può edificare il suo stesso luogo di residenza e di elezione. E può mettere mano a costruire il luogo nel quale, finalmente, l’«anima e Dio» si danno la mano, e non si fanno più la guerra … Quale è dunque questo luogo? Quale è questa res estensa, nozione che contraddistingueva lo «spazio» che si apre davanti ai nostri occhi, per Renè Descartes? Il luogo nel quale ci «potremmo prendere per mano» e nel quale la coerenza e la perfezione non bisticcino come nel Teorema di Goedel ma portino alla ribalta un mondo nel quale l’«anima» non pecca e «Dio» non è un avversario per gli uomini? Leone XIX come quell’«Oracolo che sta a Delfi», in un frammento di Eraclito di Efeso, non ce lo «dice» e non ce lo «nega»; ma ce lo «accenna». Quel luogo è la nostra coscienza.