“Diamanti” (di F. Ozpetek, ITA 2024)
Nato a Istanbul ma sin da adolescente trasferitosi a Roma e da decenni a pieno titolo esponente di spicco del cinema italiano, Ferzan Ozpetek (lo si dovrebbe scrivere a rigore Özpetek) ha sempre avuto un pregio non comune, al di là di una certa discontinuità qualitativa (i suoi lavori migliori rimangono Le fate ignoranti, Saturno contro, Mine vaganti) da autore tematicamente invece piuttosto continuista e caratterizzato da messaggi e sinossi che si assomigliano: il pregio di non annoiare.
Con Diamanti invece ci riesce. Il cast stellare, perfino esagerato, racchiude molte delle più importanti attrici italiani – e la più brava e brillante e simpatica è la meno attrice di tutte loro: Mara Venier – ma la trama fatica a decollare e già crea confusione la scelta di Ozpetek di comparire all’inizio intorno a un tavolo insieme ai suoi interpreti, cosa che pur essendo appalesamento di metacinema (mentre il film da realizzare è contestualizzato nel 1974), probabilmente pure intende comunicare, con vago atteggiamento di provocazione e polemica, ci pare, i suoi rapporti armonici con i suoi colleghi, e collaboratori, cioè attrici e attori, nel concepimento quasi saggistico della pellicola.
C’è nel film in primo luogo l’intento di valorizzare, e ancor più che in passato, l’universo femminile, e questa volta lo si fa annullando quasi del tutto la sfera dell’eros per concentrarsi sui rapporti di amicizia, affetto, collaborazione, rivalità, invidia.
La sinossi potrebbe essere dettagliatissima o molto succinta. E noi ci limiteremo a pochi tratti. Al centro dell’intreccio, una sartoria romana (delle sorelle Canova) dove si confezionano costumi per spettacoli teatrali e cinematografici. La sartoria è diretta appunto da due sorelle molto diverse tra loro per carattere e esperienze di vita: la iperattiva e rigorosa Alberta e la più fragile Gabriella (rispettivamente una volutamente truccatissima Luisa Ranieri e una più naturale ma sofferente Jasmine Trinca). Tutto diventa emergenza e agitazione quando all’atelier viene chiesto di preparare gli abiti per un film importante ambientato nel XVIII secolo. Uno straordinario abito dopo molte traversie di lavorazione sarà indossato dalla protagonista del film in costume a venire.
Se i Diamanti che danno il titolo al film sono, a formare una ideale collana, le diverse funzioni di lavoranti e sarte, e dunque anche per Ozpetek le sue attrici – come i gioielli di Cornelia i fratelli Gracchi in un episodio celebre dell’aneddotica della Roma repubblicana antica – vanno menzionate anche Geppi Cucciari, Elena Sofia Ricci, Lunetta Savino, Carla Signoris, Kasia Smutniak e altre interpreti e caratteriste del nostro cinema, che qui si alternano come modiste, sarte, apprendiste ecc. Compaiono anche in ruoli di rilievo Stefano Accorsi e Luca Barbarossa. Tra tutti questi spicca, come già accennato, per bravura e capacità di suscitare l’empatia e la disponibilità che ha nell’aiutare tutti e nello sdrammatizzare le cose dentro la storia, Mara Venier, una sorta di Babette delle due sorelle, chiamata infine a imbandire con ironia e abilità un grande conclusivo pranzo di festa.
Il film ha ricevuto un David di Donatello “ dello spettatore” per gli incassi fatti. La critica ne ha fornito giudizi per lo più favorevoli ma a ben vedere il merito principale ascrittogli è la sensibilità “almodovariana”, la coralità della rappresentazione delle donne, oltre che la bellezza e l’eleganza sontuosa di scene e costumi. Tutti elementi che non creano tensione, non suscitano curiosità, non inducono riflessione, ma anzi producono assuefazione e a momenti fastidio per un’opera non molto ispirata e meno piacevole di altre. Il dubbio, ma lo scriviamo per pura scelta di “parrhesia” è che sia davvero un film al quale possano più facilmente appassionarsi o gli specialisti del settore (costumisti, sarti, scenografi) o le donne. Spero lo si possa scrivere senza ricevere critiche o aggressioni verbali. È una impressione, che si avvicina alla convinzione.
Voto: 6