Riaccendere la passione politica
Nel 1994, Antonio Tabucchi pubblicò un romanzo dal titolo Sostiene Pereira. In esso si raccontava di un uomo anziano, ridotto a dialogare col ritratto della moglie defunta, obeso, cardiopatico, completamente sbriciolato dalla routine quotidiana di giornalista del Lisboa. Insomma: nella vita del dottor Pereira nulla, proprio nulla, sembrava dovesse più accadere. Se non che, a causa del trauma generato dalla morte violenta dell’amico Francesco Monteiro Rossi, entra e subentra in Pereira una passione. La passione politica. Montero Rossi, infatti, era stato ucciso da due uomini della cosiddetta polizia politica al soldo del dittatore Antonio de Oliveira Salazar. In Portogallo, questo scopre Pereira, non è possibile manifestare apertamente le proprie idee. A causa dell’innesto di questa passione nel suo cuore: Pereira, improvvisamente, si trasforma; diventa vivo, vitale, entusiasta, felice. La passione politica ha infiammato il suo cuore di speranze nuove.
Stessa cosa dovrebbe accadere, oggi, in Italia, non solo ai giovani ma a tutta quella preoccupante percentuale di persone che, puntualmente, ad ogni elezione non va a votare. Tutta una fetta di individui, del nostro Paese, che si disinteressano totalmente della cosa pubblica. Persone che si sentono defraudate dalla solita cricca (o camarilla conventicola o élite) volta per volta radical chic ovvero ultra-popolare (e popolaresca) che – a loro giudizio – tende a badare solo ai propri gretti interessi di casta.
Ma come fare ad accendere la passione politica?
L’attenzione civile e civica al bene pubblico dovrebbe riuscire a superare gli egoismi, i settarismi, la partigianeria basata solo sulla propria privata soddisfazione individuale. Il nesso causa-effetto tra pubblico e privato, in questi ultimi anni, ha generato solo una legge scientifica che ha privilegiato le ragioni del secondo termine di questa equazione a discapito del primo.
Noi, noi, noi e «loro», dove quel «noi» siamo io, la mia famiglia, tutti quelli che mi conoscono; il mio «quartierino», come dicevano gli stessi «furbetti» qualche anno fa. Lo Stato non esiste. La società non esiste. La famiglia non esiste. Se esiste lo Stato lo si interpreta solo come esattore delle tasse, controllore più o meno di volo, qualcosa a metà tra il Sorvegliare e punire del quale parlava Michel Foucault. Comunque: qualcosa distante da me.
Riattivare, oggi, la passione politica, dunque, vuole principalmente dire: ridurre questa distanza. Ma è ovvio che in casi come questo, il rischio è la retorica. Lo Stato siamo noi! Volemose bene! Lo Stato de noantri. Viva l’Italia, l’Italia che lavora …
In effetti da qui alle solite «Pizza e mandolino» ce ne passa davvero poco. Per riaccendere la passione politica non è necessario affatto un trauma, come quello vissuto dal dottor Pereira. Occorre solo che la collettività mi riconosca. Io, in quanto individuo privato e atomico, devo contare qualcosa per lo Stato; devo essere qualcosa; devo poter avere voce in capitolo.
Ma, tale riconoscimento come dovrebbe avvenire?
In sostanza: la collettività dovrebbe, in qualche modo, rendersi conto dell’esistenza della mia singolarità. Per riattivare la passione politica, così, occorre prima di tutto responsabilizzare ogni individuo. Dargli un ruolo; renderlo importante. Se io mi dissolvo e mi sciolgo nella folla e cammino come la folla senza una meta, ecco che sono come tutti gli altri. Numeri. Carte da decifrare. Algoritmi.
La responsabilità, invece, la sùi ottiene valorizzando gli individui. Valori, non fatti. Al contrario: gli esseri umani oggi, sono e si sentono mercificati, ridotti a oggetti. Pura materia di scarto del grande sistema economico-politico del capitalismo globale. Per ritrovare e rinnovare la passione politica occorre comprendere che ognuno di noi possiede un valore. E tutto ciò non è un invito al narcisismo. Più che altro, questa mossa psicologica e pratica rappresenta un intervento diretto sulla propria coscienza. Io sono unico e, come tale, è mia diretta responsabilità che unici siano anche tutti gli altri. E anche questa vita che ci è toccata in sorte è unica. E anche il Pianeta stesso e i suoi oceani e le sue montagne. Non è data alcuna seconda occasione.
Dunque quello che occorre è comprendere di essere noi sempre dentro al grande spettacolo del mondo. Darsi da fare, guardarsi intorno; annusare la pista, come gli animali. La passione politica, in fondo, è l’occasione di una vita autentica. Scoprire la magia e l’incanto del nostro stare assieme. Della visione di quel tutto del quale anche noi – coi nostri limiti e con le nostre capacità – siamo parte.