7 Giugno 2025
Culture Club

La macchina morbida

Stato-Chiesa, potere civile-potere ecclesiastico, diritto-etica, diritto-religione: l’ordito obliquo della storia della laicità si inserisce, volta per volta, all’interno di tutte queste diadi. Se Augusto Barbera in questo suo Laicità. Alle radici dell’Occidente (Il Mulino, Bologna, 2023) traccia la mappa orizzontale di un principio che «Riassume il complesso dei valori che caratterizzano il costituzionalismo liberaldemocratico»[1], il filosofo Richard Rorty in Un’etica per i laici (Introduzione di Gianni Vattimo, Traduzione di Elena Mortarini, Bollati Boringhieri, Torino, 2008) afferma che la laicità è sempre: «Apertura a nuove possibilità, la disponibilità a prendere in considerazione tutti i suggerimenti su ciò che potrebbe aumentare la felicità umana»[2].

In definitiva, il principio di laicità consiste in diversi atteggiamenti, in plurimi punti di vista, in varie configurazioni, ora teoriche ore operative. Intanto esso prescrive la messa al bando delle verità assolute. E’ empirista: prevede verifiche critiche rispetto alle proprie convinzioni. Ovviamente: promuove il pluralismo. Funziona a doppia mandata: è utile sia allo Stato nei riguardi della Chiesa che alla Chiesa nei riguardi dello Stato; e in questo senso: è universale. E’ flessibile e, certamente, non ferma, ostinata o irragionevole.
Rende, perciò, reciprocamente permeabili il diritto da una parte e la politica dall’altra. Mette in evidenza il diritto delle differenze e alle differenze. Si sottomette al bene comune; cerca regole comuni; privilegia la moltitudine e non il centralismo. La laicità è anche dialogo continuo; ininterrotto conversare e cercare punti di contatto.
E’ favorevole al dissenso; è convinta che lo stare insieme in una comunità voglia poter dire anche pensare le cose in maniera diversa. Essendo un principio orizzontale, quello di laicità privilegia lo spazio del confronto alla ricerca di un armonia e di un bilanciamento bipartisan.

Mutuo rispetto, reciproca comprensione, apertura, disponibilità: la laicità smussa gli angoli; insegue la libertà del cittadino e dei gruppi sociali. Il punto di partenza è sempre lo stesso: l’autonomia delle attività umane. Cioè l’esigenza che tali attività si svolgano secondo delle regole proprie. Regole che, mai, debbano essere imposte ad esse dall’esterno: per fini e interessi diversi da quelli che caratterizzano queste singole regioni dell’agire umano.
La laicità vale, prima di tutto, nei rapporti tra politica e religione, ma non solo per essi. Il pluralismo e il confronto sono possibili solo se non si ha a che fare con monadi isolate; prioritaria, in questo senso, appare la comunicazione. E’ dalla comunicazione che nasce la presentabilità decente ad altri esseri umani del proprio discorso[3].

Gli uomini «Sono, come sosteneva Friedrich Nietzsche, animali intelligenti. Intelligenti perché, a differenza di altri animali, hanno appreso come collaborare gli uni con gli altri per poter realizzare al meglio i loro desideri»[4]. Se lo scrittore americano William Burroughs descriveva il corpo umano come la Macchina morbida [5], lo stesso lemma lo si può applicare al principio sdrucciolo, ragionevole, leggero e, appunto per questo, morbido della laicità.
Richard Rorty semplifica questa etica per i laici nel modo seguente: «Non si prendono decisioni importanti in seguito a un esercizio di preferenza arbitraria oppure mediante il fondamento assicurato nella verità universale. Siamo sempre da qualche parte a metà strada»[6].
Questa Macchina morbida – che è l’agire laicamente in virtù di quel laicismo venuto fuori dalla storia stessa dell’Occidente – non ci conduce nel paradiso delle verità acclarate e confermate dall’esperienza una volta per tutte. E nemmeno nelle prese di posizione, del tutto inverificate, che la politica o la religione assumono per via di un fondamento ontologico o, comunque, meta-comunicativo.
Cartesio ci aveva già spiegato che il «buon senso è a questo mondo la cosa meglio distribuita»[7]. Non si tratta di mettere in moto una razionalità strumentale, per la quale i mezzi sono condizione necessaria al raggiungimento dei fini[8], ma un nuovo tipo di razionalità, per la quale contano più i fini che i mezzi.

Karl Raymund Popper parlava, a questo proposito, di una tecnologia sociale «a spizzico»[9]; cioè: graduale, probabilista, che salvaguarda la libertà, democratica. La laicità, situata storicamente al punto di congiunzione dei conflitti tra Trono e Altare, da un iniziale indeterminatezza nella società arcaiche (lo sciamano era sia sacro che fonte del diritto), pian piano si emancipa e diventa un vero e proprio outsider del «Discorso filosofico della modernità» [10].
Un fatto culturale, un precipitato della storia delle idee che interviene nel pieno del dibattito tra teologia e politica e oggi, anche, tra religione e scienza. In quanto atteggiamento intellettuale, la laicità insiste sempre su una particolare zona liminale. Ed ecco perché essa tende a conciliare più che a escludere. Alla verità sostituisce la solidarietà.

[1]    Augusto Barbera, Laicità. Alle radici dell’Occidente, il Mulino, Bologna, 2023, p. 9.

[2]    Richard Rorty, Un’etica per i laici, Introduzione di Gianni Vattimo, Traduzione di Elena Mortarini, Bollati Boringhieri, Torino, 2008, p. 19

[3]    Cfr. Jürgen Habermas, Teoria dell’agire comunicativo, Volume 1: razionalità nell’azione e razionalizzazione sociale, A cura di Gian Enrico Rusconi, Trauzione di Paola Rinaudo, Il Mulino, Bologna, 2022.

[4]    Richard Rorty, op. cit., p. 23.

[5]    Cfr. William Seward Burroughs, La macchina morbida, Traduzione di Katia Bagnoli, Adelphi, Milano, 2003.

[6]    Richard Rorty, op. cit., p. 42.

[7]    «Il buon senso è a questo mondo la cosa meglio distribuita: ognuno pensa di esserne così ben provvisto  che anche i più incontentabili sotto ogni altro rispetto, ,di solito, non ne desiderano di più»; Renato Cartesio, Discorso sul metodo in Opere filosofiche, Volume  primo, Traduzione di Carlo Galli, Laterza, Roma-Bari, 2003, p. 291.

[8]    Cfr. Max Horkheimer, Eclissi della ragione. Critica della ragione strumentale, Traduzione di Elena Vaccari Spagnol, Einaudi, Torino, 2000.

[9]    Cfr. Karl Raymund Popper, Miseria dello storicismo, Introduzione di Salvatore Veca, Traduzione di Carlo Montaleone, Feltrinelli, Milano, 2013.

[10]   Cfr. Jürgen Habermas, Il discorso filosofico della modernità, Traduzione di Evandro Agazzi, Laterza, Roma. Bari, 1997.

Gianfranco Cordì

Gianfranco Cordì (Locri, 1970), ha scritto dodici libri. E' dottore di ricerca in filosofia politica e giornalista pubblicista. Dirige la collana di testi filosofici "Erremme" per la casa Editrice Disoblio Edizioni. Dirige le tavole rotonde di filosofia del Centro Internazionale Scrittori della Calabria.