Il Woody Allen francese? “Tre amiche” (di E. Mouret, FRA 2024)
In un’estate fiorentina sin qui torrida solo a tratti, è comunque un godimento rifugiarsi al fresco delle sale (ben più che nelle appiccicose arene estive) che in ottimo numero troviamo a differenza del passato non già “chiuse per ferie” ma attive nel riproporre pellicole recenti o anche qualche retrospettiva. Così anche nel primissimo pomeriggio di pochi giorni fa – alle 15, orario ideale per i cinefili – abbiamo avuto modo di vedere l’ultima produzione di Emmanuel Mouret. Questo regista marsigliese, cinquantacinquenne, ignoto al grande pubblico, è autore non privo di verve, che si è specializzato in commedie piccanti e agrodolci e in storie di costume. Molto spesso è descritto dalla critica come vicino per stile e impianto dei dialoghi a Woody Allen, e del resto, come Allen fino a una quindicina di anni fa, spesso ama recitare nei suoi film. C’è anche chi lo ha paragonato, ci pare con persino minore verosimiglianza, a Eric Rohmer. Questi confronti peraltro non reggono alla prova dei fatti e un abisso separa l’acutezza e l’originalità di Allen o la sensibilità e le ambientazioni di Rohmer dai racconti di Mouret.
Fatta questa premessa, il suo Tre amiche, presentato in concorso a Venezia nel 2024, non è un film spregevole. Ha delle idee, si lascia vedere anche con gusto, sebbene non manchino i dati di comicità involontari, le banalità, oltre a qualche tempo morto. La sinossi è intricata, se la si volesse svolgere per intero e in tutte i dettagli, pure importanti. Occorre limitarsi all’essenziale. La storia si svolge a Lione e al centro dell’intreccio stanno tre donne si direbbe sui quarant’anni, due professoresse di lingue al liceo, sposate, e una single, che fatica a trovare un lavoro che la soddisfi e vorrebbe fare la disegnatrice. Sono care amiche, si comunicano confidenze, anche se con qualche eccezione significativa, discettano su amore, matrimonio, fedeltà. Sono tutte e tre molto inquiete, nonostante la diversità delle situazioni personali e dei caratteri. Quello che più conta nel film – o almeno che emerge con maggiore evidenza – è il loro rapporto con gli uomini, compagni, mariti, amanti. E la vicenda riguarda desideri, tradimenti, separazioni definitive e riconciliazioni. Ci sono dinamiche inattese e dunque interessanti, come i comportamenti della più onesta e prudente di loro, Joan (una bravissima India Hair, attrice in ascesa che ha recitato nell’ultimo film dei fratelli Dardenne, Jeunes mères) che dopo essere rimasta vedova si lascia incantare e desidera essere sedotta non già da un serio e innamorato collega che va a vivere al piano di sopra della sua abitazione (Thomas, Damien Bonnard), ma da giovani uomini più frivoli ma anche più charmants, trovando solo alla fine un suo centro di gravità sentimentale. Le altre due amiche, la razionale Alice (la più nota Camille Cottin) e la svitata Rebecca (Sara Forestier, anche lei molto in forma) si trovano invischiate in un gioco di amori e tradimenti anche ben pensato, e con qualche soluzione a sorpresa. Ma come si diceva il film è discontinuo, e non funzionano intere sequenze, come quella che riguarda il rapporto tra Thomas, Joan e le rispettive insopportabili figlie-amiche-e aspiranti sorelle di otto anni, o la paradossale e insensata vicenda di un sogno di Alice e della sua traduzione in realtà. Anche le apparizioni del fantasma di Victor, presto deceduto in un incidente stradale, assillante marito di Joan anche postumo (Vincent Macaigne, e di Victor è la voce fuori campo che punteggia la storia) non hanno delicatezza ma sono delle zeppe piuttosto fastidiose. Le riprese di Lione sono suggestive, e l’intreccio rimane comunque abbastanza accattivante e decisamente superiore alle numerose conversazioni da filosofia spicciola, lontane anche in questo dai giochi intellettuali e i tocchi di classe di Allen o dalle profonde analisi di Rohmer, sulla vita, la resilienza nell’amicizia, la coppia. Che quelle del film di Mouret – un film che ci è sembrato ambizioso, desideroso di voler dire qualcosa di nuovo senza raggiungere l’obiettivo – siano riflessioni sulla vita, la resilienza nell’amicizia, la coppia e altro, da una prospettiva femminile non rappresenta di per sé un merito.
Voto: 6.5