Stefano Tofani, La bestia che cercate, Guanda Editore 2025, pag. 258.
Che venga uccisa con un colpo di pistola una giovane maestra nel cortile di una scuola elementare durante l’intervallo, è oltremodo improbabile. Eppure accade a Cuzzole, il paesino immaginario tra il Serchio e le colline dove Stefano Tofani ambienta La bestia che cercate, luogo già noto ai suoi lettori. Conosciuto soprattutto per i libri cosiddetti per bambini, protagonisti anche di In fuga col barone, dedicato a Calvino nel centenario della nascita, qui Tofani sorprende con un noir.
Sonia, la vittima, ha il marito architetto, un figlio adolescente, la madre anziana con frequenti vuoti di memoria. Lei è una donna tutta dedita a famiglia e scuola, senza prendere tempo per sé, ma sul posto dell’omicidio ha fatto una rapida apparizione un uomo che ha sottratto qualcosa alla vittima, poi si è dato alla fuga. Nelle indagini che seguono, lì vicino si raccoglie una giarrettiera.
Il paese è piccolo, si conoscono tutti, il bar è il luogo delle chiacchiere e dei commenti, e poco ci vuole e fa passar il marito da cornuto. Un brigadiere e un appuntato portano avanti le ricerche per scovare l’assassino; il marito vuole scoprire l’amante di Sonia, ha dei dubbi su una persona, intanto si isola sempre di più per vergogna e sfoga rabbia e dolore correndo, anche di notte, anche col freddo. Nicola, il figlio adolescente, non può associare le immagini della madre, i loro ricordi più belli, a quella donna che è sulla bocca di tutti. Scarica il dolore su se stesso, ma cerca la verità, attento a ogni minimo indizio: si scoprirà l’assassino attraverso un percorso intrecciato che farà luce su una incredibile situazione.
Tofani sa raccontare in modo leggero anche quando affronta il noir, e strappa sempre un sorriso, vuoi per i nomi e i soprannomi che dà ai suoi personaggi, animali compressi, – in quel paesino conoscersi per soprannome è una regola – vuoi per le soluzioni linguistiche, infatti il registro narrativo si affianca spesso alle conversazioni in chat, che raccolgono gli umori e le opinioni dei paesani sui fatti e sulle persone, con il linguaggio libero e colorito di tali conversazioni: “Scusate… più di cento messaggi. Vedo solo ora. Che è successo? /Hanno ammazzato la maestra Sonia / nel giardino della scuola / ma come????E i bimbi? / Senza avvertirci nemmeno / Stiamo calmi, dicono che sono al sicuro / Calmi un cazzo…scusa eh…non posso accettare che MIO FIGLIO abbia visto un omicidio e che non mi hanno telefonato. È assurdo. Io lo tiro fuori di lì e poi faccio un macello. Altro che un omicidio! Sarà mezz’ora che è capitato! Ma vi rendete conto?
All’improvviso il romanzo sorprende con un cambio di passo, introducendo una figura maschile esterna a Cuzzole, un uomo carico di problemi irrisolti che scarica le sue fantasie sessuali su un blog, senza conoscere il volto di chi le alimenta.
Tofani sa creare di ogni personaggio, anche di quelli che sembrano secondari, una figura a tutto tondo, ne esplora i sentimenti, le debolezze, i segreti, ci fa sentire dentro la piccola comunità di Cuzzole, pronti a chattare anche noi con i genitori dei bambini delle elementari o dei frequentatori del bar: ci introduce nella loro quotidianità, ma anche nel rischio nascosto dietro ai social che, purtroppo, sono diventati “la casa” di tutti.
