21 Dicembre 2025
Words

Fiducia contro l’inverno

L’editoriale di Ezio Mauro, intitolato L’inverno del nostro scontento, apparso oggi su «La Repubblica», individua il nostro stato d’animo attuale nell’«inquietudine». «Per la prima volta nel dopoguerra la linea dell’orizzonte si allontana, indecifrabile, e noi camminiamo in terra di nessuno». Questa no man’s land ci rammenta «l’epoca delle passioni tristi» di spinoziana memoria. Il cinismo, la rassegnazione, il disincanto, il nichilismo. «Ritornano le guerre»; il presente si disgrega in distinti momenti autoreferenziali («come se non ci fosse un domani»), la politica si aggroviglia tra nuovi autoritarismi, crisi della sinistra, mancanza di progettualità, la società da «liquida» diventa «gassosa»; la modernità va «in polvere», la tecnologia affascina e allarma nello stesso tempo, comunque sia: domina. Il «Pianeta Mac-Terra» del turbocapitalismo finanziario diventa, adesso un «Pianeta Ikea» (o un «Ikea di Pianeta»), montabile e smontabile, nello stesso momento, ai fini del solo profitto. Il pensiero? Da «debole» si è fatto «debolissimo», quindi «inconsistente» – lasciando il posto alle interruzioni-reciproche (salvo poi dire: «Io non l’ho interrotta, quando lei ha parlato» dei talk-show, alle sguaiatezze del «Grande Fratello», agli «urlettini dei cantanti» (come diceva Franco Battiato). Ezio Mauro indica nella «rinuncia» la cifra del nostro tempo. Ma «il pessimismo dell’intelligenza» di Antonio Gramsci si abbinava all’«ottimismo della volontà». Il fare. La politica del fare. Il fare qualcosa; tentare, provare; comunque: fare … Se è, dunque, vero che oggi si «rinuncia a fare» è, anche, vero che, in questa maniera: «faranno altri». E «faranno altri», per noi! «Tanto non ci posso fare niente»; «non sarò certo io a cambiare le cose».

Eppure – Ezio Mauro usa anche il termine «malattia» – per ogni male si può, almeno, tentare una «cura» (diagnosi-prognosi-terapia). Nanni Moretti, nel film Il Caimano, faceva dire a un personaggio: «La vostra è la solita italietta»! Si, ma questa volta, la «solita italietta» sta vivendo un senso pervasivo di impotenza e di incertezza – che ci porta a rinchiuderci in noi stessi, a vivere il mondo come una minaccia. La progettualità non la si compra e non la si vende al mercato. Come fare diventare «allegre» le «passioni tristi»? Sarà pure L’inverno del nostro scontento ma, questo, è pur sempre un inverno della nostra vita.

Occorre riprendere in mano il nostro destino. Motivare; far tornare la fiducia. Non la speranza – la speranza confina con lo scontento, con la rassegnazione e con l’accettazione (in fondo) dell’esistente. Fiducia dunque, sì – ma in cosa? Fiducia nelle nostre stesse forze – «ottimismo della volontà». Non è vero che tutto è scritto (e scritto da chi, poi?).

Il progetto implica un elemento di rischio. La fiducia implica un elemento di attribuzione («penso che tutte queste cose mi possano indicare la strada»; «in base a quello che vedo, un futuro mi pare ancora possibile»). Rintracciare il «positivo» all’interno del «negativo» che abbiamo davanti vuol dire non gettare il bambino con l’acqua sporca. Da dove ripartire, dunque? Non dalla pacchiana consapevolezza che «peggio di così non può andare». Nel 1848 Marx ed Engels invitarono una massa di poveracci, gente senza arte ne parte, sfruttati, alienati, ignoranti al grido di «Proletari di tutto il mondo unitevi». Ebbene: quei poveri Cristi si sono «uniti». Si sono «uniti» davvero. L’Italia di oggi non è certo un paese di poveracci – quello che serve è l’«unione». Sulla base di che? La «colla», oggi, è la «relazione». Essere in due è meglio che stare da soli. La terapia è la fiducia, la fiducia nella possibilità di un nuovo «fare comunità».

Gianfranco Cordì

Gianfranco Cordì (Locri, 1970), ha scritto dodici libri. E' dottore di ricerca in filosofia politica e giornalista pubblicista. Dirige la collana di testi filosofici "Erremme" per la casa Editrice Disoblio Edizioni. Dirige le tavole rotonde di filosofia del Centro Internazionale Scrittori della Calabria.