19 Giugno 2025
Sun

Massimo Recalcati, Uno diviso due, Feltrinelli 2025

A mia sorella Ilaria, che mi sopporta da 46 anni

«Anche i conflitti bellici più drammatici hanno sullo sfondo l’impossibilità di abbandonare  il miraggio narcisistico dell’Uno per accedere al difficile pluralismo del Due». «La Bibbia ci invita a estendere il significato della fratellanza e della sorellanza al di là del sangue. E’ quello che la Rivoluzione francese ha legittimato politicamente: la fratellanza non è un fatto di sangue, ma un aspirazione collettiva che deve avere la stessa dignità degli ideali di libertà e di eguaglianza». Certo che una lettura del tutto politica di questo nuovo libro di Massimo Recalcati (Uno diviso Due. Fratelli e sorelle, Feltrinelli, Milano, 2025) sarebbe davvero molto allettante. Lo stesso psicoanalista di Milano, del resto, avvertendoci che il fondatore della sua disciplina, Sigmund Freud, sosteneva la tesi dell’elaborazione del lutto come possibile germoglio di un sentimento collettivo, sembra andare verso questa direzione. Al principio, come sempre, ci sono i genitori. Evidentemente, in ordine di apparizione: i fratelli e le sorelle. Meglio se li denominiamo: il primogenito e il secondogenito. La nascita di un fratello o di una sorella genera nel primogenito sentimenti di debolezza; nel secondogenito, invece, di spaesamento. Il primo figlio si sente usurpato; il secondo figlio si sente escluso. In questo senso si produce, in ogni caso, una ferita narcisistica. Occorre elaborare, comunque, il lutto. A questo si aggiunga la presenza di sentimenti contrastanti: il primogenito si sente allontanato dalla propria immagine ideale; cambiano i suoi rapporti con il padre e  con la madre. Inoltre, e per altri versi, egli si sente sedotto dal nuovo venuto. Lo ama. Il secondogenito non si sente riconosciuto dai genitori. Ama e odia, allo stesso tempo, quel suo fratello primigenio. Tutto questo Massimo Recalcati lo fa brillare nella caratterizzazione ontologica del rapporto dell’Uno col Due. Affermando che, comunque sia, l’Uno è sempre scavato dal Due Recalcati cerca di affermare l’irreversibile e ineliminabile presenza della Realtà nella vita (psichica) dell’Uno. Non può esistere un Uno che non sia, nello stesso tempo, un Due; non c’è identità senza molteplicità; non c’è coscienza senza inconscio; non c’è personalità senza impersonalità. La presenza irrimediabile del Due nell’Uno deve essere, in qualche modo, risolta. Gli stadi del malessere psichico, in caso di mancata elaborazione di questo lutto, sono quelli della fusione incestuosa, della gelosia invidiosa, dell’intrusione e della separazione. In parole povere: della guerra. Ecco perché il conflitto israelo-palestinese che si sta consumando davanti ai nostro occhi dal 7 ottobre del 2023 può essere preso come stigma non già del conflitto amico-nemico, di schmittiana memoria, ma di una «costruzione simbolica» che riesca ad andare oltre i «legami di sangue» verso un nuovo concetto di «fratellanza e sorellanza». Un concetto che, partendo dal presupposto che il Due è sempre presente nell’Uno faccia sì che un «popolo senza terra» possa quantomeno dialogare con una «terra senza un popolo». Recalcati afferma che l’incontro con il fratello o la sorella è anche «Una contingenza imprevista che può accendere il desiderio, animare la curiosità e la gioia della condivisione, allargare l’orizzonte del nostro mondo». Di fronte alla resistente realtà del Due, l’Uno deve «elaborare» un «atto di donazione senza ritorno». Deve assumere «Un alterità che non può essere mai a nostra disposizione». Non è forse questo il lavoro del lutto? Allargare la mondo la nostra povera e piccola Realtà. Inglobare l’Altro. Constatare che esiste la Realtà, coi suoi innumerevoli lutti. Una volta svolta questa operazione si può accedere a un rapporto finalmente equilibrato fra fratelli e sorelle. Sempre fermo restando che: «I conti tra fratelli e sorelle sono destinati a non tornare mai». Sono conti asimmetrici all’interno di una simmetria voluta ora dalla natura ora dalla cultura. L’asimmetria della «differenza» all’interno della somiglianza. Ma sempre ricordando che la vera fratellanza è: «Esperienza della distanza e della differenza, come esperienza del Due irriducibile all’Uno». Darsi tregua, mettere una distanza tra me e la Realtà, «scartare di lato», come diceva Francesco De Gregori in Buffalo Bill, decentrarsi … Del resto, già Jovanotti lo sapeva. Nella sua canzone dal titolo Mi fido di te – e il senso va benissimo per la relazione fra un fratello e una sorella  –  dopo aver ripetuto alcune volte la frase che da il titolo al brano, chiedeva: «Cosa sei disposto a perdere?».

Gianfranco Cordì

Gianfranco Cordì (Locri, 1970), ha scritto dodici libri. E' dottore di ricerca in filosofia politica e giornalista pubblicista. Dirige la collana di testi filosofici "Erremme" per la casa Editrice Disoblio Edizioni. Dirige le tavole rotonde di filosofia del Centro Internazionale Scrittori della Calabria.