16 Settembre 2025
Culture Club

Dalla Cina con furore

Empedocle, Anassagora, Leucippo e Democrito vengono considerati filosofi pluralisti. Il summit della Sco (Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai) a Tianjin e la successiva parata militare di Pechino, hanno posto – almeno, nelle intenzioni – il tema del multilateralismo, della complessità, dell’articolazione e della varietà. Ma questa proposta, evidentemente globale, si è configurata, nei fatti, più come una reazione che come un vero e proprio progetto di cambiamento. Cina, Russia, India, Corea del Nord e gli altri paesi coinvolti hanno affermato la propria tesi reagendo ai dazi di Trump, alle diseguaglianze tipiche dell’Occidente e/o al pensiero unico, se vogliamo. Ma, si diceva, i filosofi greci pluralisti (anche se Empedocle era di Agrigento), proponevano un pluralismo metafisico che andasse a contrapporsi al monismo, per esempio di Talete. I principi che servivano a interpretare la realtà erano molti, non più solo uno. Uno, insomma, non bastava! Operando in questo modo, i pluralisti non operavano sul piano ontologico, ma su quello epistemico. Cioè: non sulla realtà, ma sulla sua interpretazione. Dunque, il multilateralismo di Putin, Xi-Jimping, Narenda Modi e Kim-Jong si presenta, filosoficamente, come un espressione del pensiero a più dimensioni, tipico di quell’epistemologia che si rifà all’ Antropologia pragmatica di Kant: «L’io non è più al centro del mondo, ma cittadino del mondo». La domanda che dobbiamo, a questo punto, farci è: che senso ha, nella congiuntura attuale, una simile proposta pluralista. Ha qualche probabilità, economicamente e politicamente, di avere successo? Si tratta, come abbiamo visto, di interpretazioni e non di fatti – esattamente come sarebbe piaciuto a Nietzsche.

Insomma, i leader dei paesi dello Sco, e dei paesi invitati come osservatori, sembra ci stiano dicendo: se aumentiamo i punti di vista sul mondo, avremo un mondo migliore, più giusto. Eppure, la loro non è una proposta che nasca da un analisi; è una reazione. Quella di Empedocle e soci, invece, che non pensano il pensiero come una cosa diversa dalla realtà, più che una reazione al monismo precedente è un magma messo su per tenere insieme Eraclito e Parmenide. Stasi e movimento. Quindi è una soluzione di compromesso, una scappatoia, una soluzione politica. La realtà, però, rimane la stessa. Un dipinto, sia esso un paesaggio o un ritratto, una qualche cornice la deve pure avere … Multilaterale, multipolare, pluralista: il cosmo – finalmente ordinato e non regolato dalle bizzarrie delle agenzie di rating . per questi rappresentanti dei sud del mondo, dovrebbe essere una griglia, una rete. Tanti stati che cooperano – attraverso i vari nodi della rete. Tanti poli. Per Empedocle, per esempio, l’universo era un organismo. Per questi leader è una scacchiera. Si passerebbe, così, dall’intellettuale organico di Gramsci all’intellettuale orizzontale della Flatlandia di Abott. Il fatto che l’idea di Xi e soci sia solo reattiva non le fa perdere di credibilità ma la rende come provvisoria. Un po’ come doveva essere la dittatura del proletariato nei piani di Marx ed Engels rispetto alla realizzazione del comunismo. Filosoficamente, dunque, la pluralità dei punti di vista conduce al pensiero postmoderno; a quello stesso pensiero all’interno del quale Gianni Vattimo aveva dato Addio alla verità. E alla realtà.

Ma Umberto Eco ci ha avvisati: la pluralità delle interpretazioni non è infinita. Esistono I limiti dell’interpretazione: la cornice di quel dipinto, di cui si diceva sopra. Nella attuale congiuntura, che cos’è questa cornice? Qualcosa che, comunque, resta. Se Bauman diceva che la società è liquida come l’acqua, resta vero, anche, il fatto che l’acqua è HO. Per avere speranza di successo, un tale ordine politico multipolare, dovrà confrontarsi con la transitorietà, con la precarietà, con la fuggevolezza di una globalizzazione che predilige il consumo piuttosto che la durata. E lo dovrà fare facendo leva su quello che resta. L’accordo raggiunto a Tianjin, per ora, è di tipo prevalentemente economico. Un simile cosmo multipolare, se veramente avrà qualche chance, dovrà fare i conti con la politica. E con l’antropologia dei vari stati coinvolti, il che non è poco. È nata l’alternativa? Probabilmente non all’Occidente. Forse alla globalizzazione. Ma è presto per dirlo.

Gianfranco Cordì

Gianfranco Cordì (Locri, 1970), ha scritto dodici libri. E' dottore di ricerca in filosofia politica e giornalista pubblicista. Dirige la collana di testi filosofici "Erremme" per la casa Editrice Disoblio Edizioni. Dirige le tavole rotonde di filosofia del Centro Internazionale Scrittori della Calabria.