15 Maggio 2025
Words

Paranoid Park

Scrive Massimo Recalcati su Repubblica del 18 aprile: «Nessun dubbio e nessun tentennamento: l’altro – l’ebreo, la donna, la società, il sistema del potere, il messicano, l’ucraino, il palestinese, il migrante, l’omosessuale, lo straniero, ecc. – è sempre il colpevole di tutto». La paranoia è una malattia mentale. Essa è caratterizzata da stati di persecuzione, manie di grandezza in persone che, per il resto, sono normali. Continua lo stesso Recalcati: «La minaccia permanente che l’altro incarna deve esser neutralizzata ad ogni costo; aggredire sarebbe così un modo per evitare di essere aggrediti».
Si è verificato, in politica, uno smottamento semantico della paranoia: dalla paura nei confronti del nemico ideologico rappresentato dall’Unione Sovietica, alla paura del nemico esistenziale rappresentato da varie categorie di “diversi” (da me). In definitiva, il risultato di questo scarto, dall’ideologia all’esistenza, corrisponde a quello tra le credenze e i modi di essere. È uno slittamento di livello, non c’è dubbio. Da una parte l’atteggiamento di chi riconosce per vera una proposizione e dall’altra il rapporto dell’uomo con sé stesso e con l’altro (mondo e Dio) – rapporto che è sempre e solo una possibilità. Insomma, la paranoia è passata dalla paura rispetto a chi non riconosce per vera una mia tesi, alla paura verso chi ha un “diverso” modo di porsi rispetto a me. Prima il nemico era nella menzogna; adesso il nemico è nella contraddizione. Ma che significa avere individuato, oggi, l’agente della paranoia nel dolore, nel rifiuto, nell’ostacolo, nella stigmatizzazione di «chi non la pensa come me»?
Molte analisi sono state fatte dagli studiosi a questo riguardo. Analisi, a dire il vero, che hanno privilegiato il tema del che cosa vuol dire vivere dentro una società che aborrisce la contraddizione. Il tema però è più vario. È vero che temere la contraddizione vuole dire far sviluppare un vivere politico del tutto paranoico. Ma è anche vero che, a livello politico, ciò vuol significare che si è passati da una forma di pensiero (l’ideologia lo è sempre) a una forma primordiale di “stare al mondo”, la «nuda vita» di cui parlava Giorgio Agamben o il «bios» di Roberto Esposito.

Spogliato da ogni pensiero l’uomo si ritrova corpo, carne, ossa, massa atomica fatta di carbonio. Politicamente questo transito ha il significato di una messa in scena dell’azione. Fare, fare, correre, fare soldi, darsi da fare… Ma, politicamente, questo risultato nuovo della paranoia declinata in termini di defatigante azione, conduce a una prospettiva planetaria nella quale si ha paura, come dice Recalcati giustamente, «dell’ebreo, della donna, della società, del sistema del potere, del messicano, dell’ucraino, del palestinese, del migrante, dell’omosessuale, dello straniero», ossia di chi non accetta le regole del grande action game messo in moto dagli sconvolgimenti della politica e, ovviamente, del mercato globale.
Tutto questo sistema paranoico ha portato, almeno dalla cosiddetta Seconda Repubblica in poi, precisi risultati elettorali ma anche un’importante materia di riflessione. Essere passati dal pensiero all’azione è stata una mossa che, certamente, ha prodotto i suoi frutti nel mercato finanziario (l’Etica del lavoro, di Max Weber, è quella dalla quale è nato, proprio, il capitalismo) ma ha fatto aumentare la paranoia. La paura del nemico, adesso, è diventata quella rispetto a chi si trova al di fuori delle logiche capitalistiche. Il problema che è non ci può affatto essere un “fuori” rispetto alle logiche capitalistiche. La globalizzazione stessa rappresenta, proprio, questa impossibilità.

Dunque, adesso, paranoia vuol dire temere chi è fuori della globalizzazione, dalla quale non si può, in nessun modo, uscire. Donald Trump, con i suoi dazi, ha cercato di individuare questo “fuori” e questa uscita. Ma rimane il fatto che rispetto al capitalismo, lo stesso Trump non ha contestato alcunché. Dunque, la paranoia attuale è una paranoia del tutto senza oggetto. Il nemico, oggi, non esiste. Non si può uscire fuori” dal mercato globale. Quella attuale è una paranoia che non ha un nemico a cui rapportarsi. Un’idea vuota di paranoia, insomma. In qualche modo, la forma stessa della paura. Una paranoia metafisica.

Gianfranco Cordì

Gianfranco Cordì (Locri, 1970), ha scritto dodici libri. E' dottore di ricerca in filosofia politica e giornalista pubblicista. Dirige la collana di testi filosofici "Erremme" per la casa Editrice Disoblio Edizioni. Dirige le tavole rotonde di filosofia del Centro Internazionale Scrittori della Calabria.