The Shrouds – Segreti sepolti (David Cronenberg, Canada 2025)
L’ultimo film di David Cronemberg può essere letto ad almeno quattro livelli. The Schrouds – Segreti sepolti rappresenta il tentativo, probabilmente postremo, del regista canadese di approcciare l’éschaton, la «cosa ultima», qualsiasi cosa essa sia e con qualsiasi mezzo tecnologico la si possa abbordare. Massimo Cacciari, proprio nel volume Della cosa ultima, e precisamente nel capitoletto intitolato (mai titolo fu più appropriato rispetto a questo film) Post scriptum II. Lazzaro, scrive: «Il risorto non può ormai che seguire sé stesso, seguire colui che l’ha risvegliato semplicemente andando da sé. Non una parola Gesù rivolge all’amico, di cui pure aveva amaramente pianto la condanna. E anche Lazzaro tace. Si staccano subito i due amici; si allontanano, si separano nell’istante (…) in cui il corpo si manifesta nel suo essere-vita, e cioè nel proprio éschaton». David Cornemberg tira le fila di un discorso filmico che attraversa, come detto, prima di tutto lo straripante peso della tecnologia contemporanea nella nostre vite ma poi, anche, la religione, il capitalismo (e le sue deviazioni) e i grandi scenari contemporanei della politica internazionale.
Il protagonista del film è un Vincent Cassel molto in forma. Qui nel ruolo del benestante Karsh, vedovo da quattro anni di Becca (Rebecca), trafitta da un linfoma che a mano a mano le ha fatto perdere parti del corpo, della sua vita sentimentale e sessuale, e probabilmente anche pezzi di un suo personale passato che, come diceva Stephen King, è, però, di quelli che «A volte ritornano». Proprio l’ex cognato di Karsh, l’informatico Maury, dalla faccia esatta di Stephen King, propone soluzioni avveniristiche rispetto al crimine del quale è stato vittima lo stesso Karsh. Qualcuno ha devastato il suo cimitero, a ridosso del quale egli stesso ha fatto costruire un ristorante. Dentro quel cimitero c’è la tomba, con tanto di «Schrouds» (sudario), della moglie. Tomba visitata da una app che permette al marito di osservare il dipanarsi della decomposizione del di lei corpo. Maury dice che sono stati i russi per far dispetto ai cinesi o, forse (perché no?), i cinesi per far dispetto ai russi. Ma il film non è un’inchiesta su vere o presunte trame di servizi segreti in guerra fra loro. Massimo Cacciari e David Cronemberg convergono, invece, su una cosa sola: ultimo non viene, adesso, il corvo, ma un complesso sistema di videocamere applicate al sudario che recinge il corpo di Becca e che permette il ricongiungimento, naturalmente grazie a una connessione di rete, del marito con la moglie al di là della “cosa ultima”. La quale, naturalmente, si manifesta nel suo “essere-vita”.
Circondato da belle donne che sono tutte, poi, la stessa bella donna (la stessa attrice: Diane Kruger, la quale si produce anche nel dare la voce voce all’avatar femminile dello stesso Karsh), Vincent Cassell vuole concludere un buon affare, stabilire che l’essere-vita, senza aver letto Jean Baudrillard, corrisponde alla nota tesi che «Il virtuale ha sostituito il reale» e, infine, dipanare una teologica matassa tra ateismi, ambientalismi fondamentalisti e sfide alle istituzioni riguardo al concetto di “sepoltura”. Troppo facile sarebbe la lettura desacralizzante, che apparterrebbe più a uno Jorge Romero e alla sua Notte del morti viventi, di una critica feroce di Cronemberg all’attuale fase del capitalismo planetario. Troppo poco audacemente costruito appare, altresì, il rapporto di Karsh coi suoi correlati femminili per fare di questo film una specie di L’amore è una cosa meravigliosa oppure, freudianamente: Eros vince sempre su Thanatos.
Rimangono, alla fine, due sole chiavi di lettura. Quella metafisica e quella tipica di David Cronemberg relativa alla poetica del corpo, della carne, della corporeità e dell’organico. In questo senso, tale seconda strada ci conduce probabilmente a un estremo che lo stesso Cronemberg non può avere affatto previsto. Nel momento in cui delle strane escrescenze si producono nelle ossa della moglie morta, parrebbe che il corpo, ancora una volta, reclami la sua parte dell’essere-vita. Per ammissione dello stesso David Cronemberg, vero e proprio poeta dell’organismo e dell’essere vivente, questa strada conduce sulle tracce di una qualche forma di bellezza, piuttosto che di una qualche forma di verità.
Nulla da comprendere, insomma, e tutto da ammirare – se c’è qualcosa da ammirare, in casi come questo… Apparirebbe allora che l’estasi dei corpi non sarebbe altro che una specie di forma di mistero e di magia. Una sorta di epifania del gusto, più che del senso. Il sublime kantiano, forse; nulla più. Il bello misto al terribile. Ma Cronemberg ha sempre visto nei corpi l’oggetto di un’analisi per nulla discreta. Più che bello, in questo senso, il corpo della bella Becca sarebbe ipnotico. E quindi sarebbe un artefatto, una costruzione, un trucco. La seconda via di interpretazione è, invece, quella che ci convince di più. David Cronemberg, man mano che la sua poetica si è affinata e fatta più dura e precisa, ci ha portati con questo film direttamente dentro il «sudario»; là dove Gesù e Lazzaro si separano perché l’essere-divino ha donato l’essere-vita al risorto. La funzione di sudario-videocamera a questo punto non è quella del «Mentre morivo» di William Faulkner, ma è quella del «Mentre ri-vivevo», delle tecnologie digitali che costituiscono, appunto, il sudario.
Cos’è questo sudario, dunque? Esso non fa risorgere. Esso non fa morire. Esso non filma la morte. Esso non filma la vita. È un «ponte» che congiunge il vivente Vincent Cassell e la defunta Diane Kruger. Ma attenzione! Non è un ponte apparente o virtuale. È reale! Con un estremo gesto di ironia, David Cronemberg sembra dirci: «Oltre questa nostra tecnologia c’è la resurrezione». Ma non quella dei suo amatissimi corpi. Quella, invece, dell’essere vita. Della “cosa ultima”, che potrebbe anche diventare interpretabile.