15 Maggio 2025
Culture Club

La logica del potere secondo Ciliberto

«È la politica che dà consistenza e significato al nostro mondo, senza di essa tutto finisce» scrive Michele Ciliberto in questo suo Il potere velato. Tirannide, eguaglianza, libertà da Tacito a Spinoza (Laterza, Bari-Roma, 2025). Per ritrovare il senso perduto – «velato», appunto – occorre uscire fuori dalla maschera, dalla commedia, dalla cerimonia, dalla messinscena e dalla rappresentazione che il potere offre di sé stesso. In questo senso, «velato» (coperto, dissimulato, simulato e truccato; affine alla menzogna più che alla verità) è quel potere che «si cela, si nasconde, si copre il volto, dissimula» manifestandosi «per scelta e per necessità un attore».

Dall‘imperatore romano Tiberio, descritto da Tacito, alla multitudo spinoziana, Michele Ciliberto fa trascorrere, dentro una vera e propria contraddizione, pensatori, idee e progetti che – nella storia – dapprima sono favorevoli al potere del tiranno ed, infine, sono apertamente contrari. Ma dire tirannia vuole dire portare sulla scena altri concetti: eguaglianza, conflitto, libertà, sovranità, leggi, Stato e un popolo di servi (e non di uomini liberi).

Come foglie al vento, all’interno dell’inganno del potere, gli esseri umani vivono nella contingenza, nell’effimero, nel transeunte; innocui e stolidi come chi ha dato addio ad ogni significato e alla verità e, pure, alla coerenza. Ma la tirannide può essere superata; il sovranismo può farsi popolare. La questione è, sempre, quella di tornare a recuperare «significato». «In politica occorre essere realisti, come Spinoza ha spiegato all’inizio delTrattato dichiarando di preferire i politici e la loro concretezza alle fantasie dei filosofi». Michele Ciliberto vuole ripristinare una realtà che è (prima di tutto) legge; una legalità che dovrebbe infrangere Il potere velato. La malattia e la successiva crisi della politica hanno una causa per Niccolò Machiavelli. «La tirannide non nasce dalla discordia e dalla disunione, ma, al contrario, dalla fine del conflitto ordinato, disciplinato, regolato». E’ chiaro che «è quando si congiunge al principio e alla pratica del conflitto che l’eguaglianza può diventare una sorgente di libertà», e che «al fondo, il conflitto è il motore della libertà, e senza libertà non ci sono né eguaglianza né progresso».

Che cos’è la malattia? Che cosa rappresenta questa crisi che tutti abbiamo davanti?  Essa è, anzitutto, una crisi della legge; una crisi del suo uso partigiano, fazioso e dispotico. Ma venendo meno il conflitto (essendo nella tirannide gli uomini ridotti a servi), viene meno la dialettica; per esempio, oggi, quella tra una destra e una sinistra. E viene meno la politica, che diventa maschera, dissimulazione «a opera di principi imbelli, viziosi, incapaci». Tutto il discorso di Ciliberto, a questo punto, si propone di definire la possibilità di un’alternativa. Occorre, infatti, «una ribellione in nome del diritto», ma non ad opera di servi più o meno sciocchi; fatta, invece, da uomini liberi. Fatta da quella multitudo (tanto amata anche dallo stesso Karl Marx), di cui parla Spinoza; moltitudine che è guidata «più dalla speranza che dalla paura», e che «pensa a coltivare la vita».

Il Re è nudo, si diceva una volta; il vero volto dell’Uno (del tiranno) deve essere fatto emergere s-velando le sue caratteristiche più proprie. Una volta tolto il velo, si ri-vela la vera natura del mistificatore e del simulatore «nella convinzione (…) che la politica, per poter corrispondere alla sua missione civile, abbia bisogno di libertà, di vivere “ in tempi aurei in cui ciascuno può tenere e difendere quella opinione che vuole”, dice Machiavelli; di vivere “in tempi in cui si può pensare come si vuole e dire quello che si pensa, dice Tacito». Per ottenere un simile risultato, occorre ripristinare la legalità; rendere coerenti le parole con le cose; pensare una politica – e questo sembra un invito rivolto all’attuale centro-sinistra italiano – nella quale la teoria abbia un immediata ricaduta sulla pratica, essere in grado di controllare, prima di tutto se stessi, sospendere (sempre) il giudizio sulle cose che si conoscono poco ed evitare di giudicare, in maniera perentoria e definitiva, sulla base di pochi elementi sparsi e incongrui. In definitiva: Il potere velato da sovranismo e da populismo può essere radicalmente fatto mutare soltanto sulla base di questo assunto: «la legge (…) può trasformarsi in uno strumento a disposizione di chi ha nelle mani il potere. E questo vuol dire che per controllare il potere, in tutte le sue forme, è necessario rivendicare il valore della legge e che l’opposizione al potere e la riscoperta della libertà passano – ieri e oggi – attraverso l’affermazione della forma, cioè della legge».

In un mondo in-formato incessantemente dalla Rete e de-formato dall’Intelligenza Artificiale e dai social media, la vera «forma», che manca, non è la materia del dibattito politico, ridotto oggi alla con-formità degli influencer e degli youtuber, ma è il contenuto «formale» della legge, che neppure il potere più tirannico, conformista e oppressivo può trascendere. Dibattiti sulle parole, in tv ma anche sul World Wide Web, ce ne sono in abbondanza. Commenti dei post, pure. Intere trasmissioni basate su Instagram o su X: quante ne vuoi!  Dibattiti intorno alla «forma» della legge, invece, non se ne fanno. Anche il sovranismo più spinto e il protezionismo più radicale non mettono in discussione la struttura, il formato e la fisionomia dell’architettura istituzionale. Del resto, Spinoza stesso si è messo sempre dal punto di vista dell’«intero», e non delle singole parti. Per fare questo c’è, dunque, bisogno di una specie dilarge realism: una politica che tenda a estendere diritti, cittadinanza e partecipazione e a far condividere la responsabilità del bene pubblico. L’intero, l’estensione, l’apertura: ogni tirannide indietreggia quando si trova il terreno levato da sotto i piedi.

Gianfranco Cordì

Gianfranco Cordì (Locri, 1970), ha scritto dodici libri. E' dottore di ricerca in filosofia politica e giornalista pubblicista. Dirige la collana di testi filosofici "Erremme" per la casa Editrice Disoblio Edizioni. Dirige le tavole rotonde di filosofia del Centro Internazionale Scrittori della Calabria.